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1.
The aim of this study was to evaluate the therapeutic activity of Deprenyl in patients with Parkinson disease already being treated with L-Dopa+PDI. 15 selected patients were allocated to two groups according to clinical features and course of the disease, the first consisting of 9 patients with a mean disease duration of 5 years without any side-effects attributable to L-Dopa and the second of 6 patients with long-term illness (a mean disease duration of 8 years), side-effects and on-off phenomenon.All the patients of the first group completed the scheduled 10-week course of Deprenyl treatment obtaining a significant improvement on the baseline WRS scores, in tremor, in rigidity, in motility and a 30.5% reduction in the L-Dopa dose. The patients of the second group showed no significant modification of the symptoms; in 2 cases the treatment was discontinued due to acute delusional-hallucinatory disorders and deterioration of the involuntary movements.A more precise evaluation of Deprenyl activity in the L-Dopa syndrome will depend on further studies.
Sommario Lo scopo di questo studio è quello di valutare l'efficacia terapeutica del Deprenyl in pazienti parkinsoniani precedentemente trattati con L-dopa più PDI.15 Pazienti sono stati selezionati e suddivisi in due gruppi in accordo con le caratteristiche cliniche e di evoluzione della malattia. Il primo gruppo è costituito da 9 pazienti con una durata media di malattia di 5 anni che non presentano effetti collaterali attribuibili al trattamento con L-dopa ed il secondo gruppo è costituito da 6 pazienti con una durata media di malattia di 8 anni che presentano fenomeni collaterali al trattamento al trattamento a lungo termine con L-dopa e fenomeni on-off. Tutti i pazienti del primo gruppo hanno completato il periodo di trattamento previsto di 10 settimane ottenendo un significativo miglioramento rispetto alle condizioni basali del WRS Scores, del tremore, della rigidità e della motilità con una riduzione della dose giornaliera di L-dopa del 30.5%.I pazienti del secondo gruppo non hanno mostrato significative modificazioni dei sintomi e in due casi il trattamento è stato sospeso per fenomeni psichici acuti e per peggioramento dei movimenti involontari patologici. Una migliore valutazione dell'efficacia del Deprenyl nella long-term L-dopa treatment syndrome, necessita di ulteriori studi.
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2.
Oxidative damage by free radicals may contribute to the etiology of Parkinson's disease (PD), and increased oxidative stress in the nigral cells of PD patients may occur following L-dopa treatment, prompting suggestions that L-dopa therapy should be delayed as long as possible. Bilirubin is a potent antioxidantin vitro, even when bound to albumin, suggesting a physiological role as an antioxidant. Calculations indicate that bilirubin can pass the blood-brain barrier in sufficient quantity to exert a significant antioxidant effect in the brain. We have found a highly significant (about 20%) increase in plasma bilirubin in 162 PD patients on chronic L-dopa treatment compared to 93 untreated parkinsonians and 224 non-parkinsonian controls. We propose that L-dopa-induced increase in nigral oxidative stress in PD may be effectively counteracted by increased bilirubin levels. The mechanism by which plasma bilirubin is increased in patients receiving L-dopa is at present unknown.
Sommario Il danno ossidativo prodotto dai radicali liberi può contribuire a provocare il morbo di Parkinson (PD), inoltre il trattamento con L-dopa può determinare un aumento dello stress ossidativo nelle cellule nigrali dei pazienti con PD e questo suggerirebbe di ritardare il più a lungo possibile la terapia con L-dopa. La bilirubina è un potente antiossidantein vitro anche quando è legata all'albumina e questo propone un suo ruolo fisiologico come agente antiossidante. È stato calcolato che la bilirubina è in grado di attraversare la barriera emato-encefalica in quantità sufficienti da esercitare un effetto antiossidante nel cervello. Abbiamo trovato un aumento significativo (circa del 20%) della bilirubina plasmatica in 162 pazienti con PD in trattamento cronico con L-dopa in confronto a 93 pazienti parkinsoniani non trattati e 224 soggetti di controllo non parkinsoniani. Proponiamo che lo stress ossidativo nelle cellule nigrali prodotto dalla L-dopa nei pazienti parkinsoniani possa essere efficacemente controbilanciato da livelli aumentati di bilirubina. Il meccanismo con il quale la bilirubina plasmatica viene aumentata non è attualmente conosciuto.
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3.
To elicit possible variations in the CSF concentrations of copper, iron and manganese due to Parkinson disease (PD) or to the stage reached, we tested 11 patients with idiopathic PD, 6 untreated and 5 on long term L-dopa, versus 22 age and sex matched patients with other neurological disorders (control group-CG). The CSF levels of the three metals, measured by electrothermal atomization, did not differ significantly between the PD group and CG or between either of the PD subgroups and CG. Our findings therefore do not support the hypothesis that CSF Cu is a marker of PD.
Sommario Nell'intento di rilevare possibili variazioni liquorali delle concentrazioni di rame, ferro e manganese dovute al morbo di Parkinson o allo stadio dello stesso, abbiamo esaminato 11 pazienti (10 uomini e 1 donna) di età media 64,9 (età compresa tra 49 e 78 anni) con morbo di Parkinson idiopatico, dopo averne ottenuto il consenso informato. Di essi 6, di età media 63.1, erano de-novo, mentre 5, di età media 67.0 anni erano in terapia da tempo (media 4.5, minimo 2 e massimo di 9 anni). Il gruppo di controllo (CG) era costituito da 22 pazienti con altre patologie neurologiche, di età e sesso comparabili.Il dosaggio di Cu, Fe, Mn è stato eseguito sui campioni di liquor con tecniche ETA-AAS. Nel C.G. il Cu, Fe, Mn erano rispettivamente (medie ±SD g/l) 6.7±19.9, 181.7±75.1 e 5.4±3.9, mentre nei pazienti parkinsoniani i valori erano 64.9±14.4, 275.9±153.6 e 5.7±1.8.Per quanto riguarda i pazienti parkinsoniani, nei pazienti de-novo le concentrazioni di Cu, Fe, Mn erano di 63.2±11.5, 283.8±141.5 e 6.0±1.3 e nei pazienti in trattamento 67.0±18.5, 26.4±183.6 e 5.4±2.4. Sia per quanto riguarda i pazienti de-novo che quelli in terapia, questi risultati non si sono rivelati significativi nei confronti del gruppo di controllo. Quindi i nostri dati non sembrano indicare che il Cu possa costituire un marker per il morbo di Parkinson. Tuttavia è possibile che la concentrazione dei metalli pesanti nel liquor non rifletta la loro concentrazione tissutale.
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4.
Two female patients with the typical clinical and electrophysiological features of the stiff-man syndrome, both responded to steroid treatment. ACTH infusion produced an immediate clinical relief of muscle contracture and cramps, with parallel marked reduction of the EMG pattern of continuous spontaneous activity in agonist and antagonist muscles. Apart from this effect, a more delayed response to oral prednisone was observed in both cases and steroid-dependence in one of them, who also exhibited instrumental and laboratory findings suggesting an inflammatory process. These data lead us to consider a possible dysimmune pathogenesis of some cases with the stiff-man syndrome.
Sommario Vengono descritte due pazienti di sesso femminile, ambedue con quadro clinico ed elettrofisiologico compatibile con la diagnosi di “stiff-man syndrome”, ambedue responsive a trattamento steroideo. L'infusione di ACTH ha determinato un'immediata riduzione o scomparsa delle contratture muscolari, con parallela riduzione del “pattern” EMG di attività continua di fibra nei muscoli agonisti ed antagonisti. Oltre a questo effetto acuto, abbiamo osservato un più ritardato effetto risolutivo del prednisone per os, con remissione in un caso e corticodipendenza nel secondo, il quale presentava reperti liquorali e strumentali indicativi di un processo infiammatorio del SNC. Questi dati ci inducono a considerare una possibile patogenesi disimmune almeno di alcuni casi di “stiff-man syndrome”.
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5.
Six patients with Steinert disease were treated with selenium and vitamin E, for a 24 month period, including a first phase of 12 months, 6 months wash-out interval and a second treatment phase of 6 months. Mean segmental strength values showed significant improvement during the first 12 months of therapy, while marked reductions of serum enzymes CPK, SGOT, SGPT and γ-GT were observed in some patients. The results support the hypothesis that selenium may play a role in the development of muscle damage in Steinert disease.
Sommario Sei pazienti, affetti da malattia di Steinert, sono stati sottoposti a terapia con selenio e vitamina E per un periodo di 24 mesi, che ha incluso una prima fase di 12 mesi, un intervallo di “wash-out” di 6 mesi ed una seconda fase di trattamento di altri 6. I valori medi di forza segmentaria mostrano un significativo aumento durante i primi 12 mesi di terapia, mentre in alcuni pazienti sono osservabili evidenti riduzioni dei livelli sierici degli enzimi CPK, SGOT, SGPT e γ-GT. Tali risultati sostengono l'ipotesi che il selenio può rivestire un ruolo nello sviluppo del danno muscolare nella malattia di Steinert.
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6.
The aim of this study was to investigate the possible influence of arteriovenous fistula (AVF) on nerve conduction velocity in patients on intermittent hemodialysis and its relevance to the pathogenesis of carpal tunnel syndrome (CTS). The data on 22 patients showed no statistically significant differences in the electrographic parameters considered. This suggests that AVF by the end-to-end method plays no significant part in the alteration of nerve conduction. Possibly radial steal phenomena, which occur with other types of AVF, are at least partly responsible for the reported cases of CTS.
Sommario Scopo di questo studio è stato indagare l'eventuale influenza della fistola arterovenosa (FAV) sulla velocità di conduzione nervosa in pazienti in trattamento emodialitico periodico, per le sue pssibili implicazioni nella patogenesi della sindrome del tunnel carpale (CTS). Vengono presentati i dati relativi a 22 pazienti. I risultati non hanno evidenziato differenze statisticamente significative dei parametri elettrografici considerati.Pertanto i nostri dati suggeriscono che la FAV (eseguita secondo la tecnica termino-terminale) non riveste un ruolo significativo nell'alterazione della conduzione nervosa. È possibile che fenomeni di furto nel territorio dell'arteria radiale, che si verificano con FAV eseguite con altra modalità, siano, almeno in parte, responsabili dei casi di CTS segnalati nella letteratura al riguardo.
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7.
A multicenter trial was conducted at 9 Neurology Departements to evaluate the action of L-Deprenyl, a specific monoamine oxidase-B inhibitor, combined with L-Dopa in the treatment of Parkinson disease. In all, 76 patients were treated, 33 women and 43 men, on stable treatment with L-Dopa+aromatic decarboxylase inhibitors (DI) for at least 6 months. After a 50% reduction of the L-Dopa dose, all received L-Deprenyl 5 mg twice daily for 35 day. The combined treatment resulted in a definite improvement in rigidity, bradykinesia and, most of all, tremor. Further, at the end of treatment fewer patients had depressive symptoms and the total daily number of hours of wellbeing and normal movement increased. 12 patients presented modest side effects, in no case serious enough to warrant suspension of treatment. The trial shows that with the L-Deprenyl+L-Dopa combination the dose of L-Dopa needed to control the disease can be drastically reduced.
Sommario È stato condotto uno studio multicentrico in 9 Centri di Neurologia per valutare l'azione del L-Deprenyl, inibitore specifico delle monoaminoossidasi (MAO) di tipo B, in associazione a L-Dopa nel trattamento del Morbo di Parkinson.Sono stati trattati complessivamente 76 pazienti, 33 donne e 43 uomini, in trattamento stabile con L-Dopa +DI da almeno 6 mesi. A tutti, dopo una riduzione del 50% della dose di L-Dopa, sono stati somministrati 5 mg di L-Deprenyl due volte algiorno per 35 giorni.Il trattamento continuato di L-Dopa e L-Deprenyl ha determinato un evidente miglioramento della rigidità, della bradicinesia ed in particolare del tremore.Sono stati inoltre riscontrati al termine del trattamento una riduzione del numero di pazienti con sintomatologia depressiva ed un aumento delle ore complessive giornaliere di benessere e di normale motilità. 12 pazienti hanno presentato effetti collaterali di modesta entità che in nessun caso hanno richiesto la sospensione del trattamento.Lo studio evidenzia che il trattamento associato L-Deprenyl+L-Dopa consente una considerevole riduzione del dosaggio di L-Dopa necessario al controllo della malattia.
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8.
Eight patients affected by central nervous system tumours disseminating via cerebrospinal fluid received rIL-2 immunotherapy according to three different protocols involving intrathecal administration followed or not by systemic infusion. Immunological monitoring included serial evaluation of CSF leukocytes, CSF and peripheral blood CD3 CD56+ cells, and NK activity. The most marked rise in CSF leukocyte levels was induced by daily intrathecal rIL2 administration, which also induced increased PB NK activity. Systemic rIL2 infusion following intrathecal treatment maintained a high percentage of CSF CD3 CD56+ cells, but not CSF leukocytes at high levels. Clinical conditions improved after treatment in two patients, worsened in one and remained substantially unchanged in the remaining five. The side effects of intrathecal rIL2 treatment included fever, confusion, and seizures, and there were marked interindividual variations in the immunological response.
Sommario 8 pazienti con tumore del sistema nervoso centrale con disseminazioni via liquido cefalo-rachidiano, sono stati sottoposti ad immunoterapia con rIL-2 secondo tre diversi schemi di trattamento che contemplavano la somministrazione intratecale seguita o no da somministrazione per via sistemica. Sono stati valutati alcuni parametri immunologici tra cui: citometria liquorale, percentuale di cellule CD3 CD56+ ed attività Natural Killer (NK) sia nel liquor che nel sangue. Nonostante vi fosse una marcata variabilità interindividuale nella risposta immunologica al trattamento, il protocollo che procurava il più marcato aumento della citometria liquorale comprendeva la somministrazione intratecale giornaliera di rIL-2. Il trattamento con rIL-2 per via intratecale — a prescindere dallo schema di somministrazione — induceva un aumento dell'attività NK nel sangue. La somministrazione di rIL-2 per via sistemica, in seguito al trattamento intratecale, era in grado di mantenere una elevata percentuale di cellule CD3 CD56+ nel liquor, ma non di mantenere l'elevata citometria. Le condizioni cliniche erano, alla fine del trattamento, migliorate in due pazienti, peggiorate in uno e sostanzialmente invariate negli altri. Gli effetti collaterali del trattamento erano principalmente febbre, stato confusionale e convulsioni.
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9.
Sommario I risultati terapeutici di guarigioni o miglioramenti sostanziali ottenuti su 2124 casi di cefalee primarie (emicrania con aura, emicrania senza aura, cefalea a grappolo, emicrania cronica parossistica, cefalee di tipo tensivo) con la chirurgia funzionale morfocorrettiva e decompressiva neurovascolare della rino-base cranica (Bonaccorsi, Novak, Blondiau, Bisschop, Hoover, Clerico) impongono ormai una revisione del classico capitolo delle “cefalee rinogene”. Vi devono infatti essere comprese tutte quelle cefalee “apparentemente primarie” che invece hanno un'etiopatogenesi centro-periferica per una documentata (TC) ridotta volumetria delle “camere etmoidosfenoidali sottocribrose” ai fini emoangiocinetici della circolazione anastomotica endo-esocranica di questo distretto. Circolazione che costituisce “un'unità funzionale” per la continuità dei circuiti vascolari e trigemino-vegetativi rino-oftalmo-encefalici (Hannerz, Hardebo, Moskowitz). Tali anomalie morfologiche delle strutture osteo-vasculo-mucose della rino-base cranica acquistano significato fisiopatologico di “trigger neuroangioematochimico” solo nei pazienti con “bassa soglia dolorifica ed elevata capacità integrativa centrale” modulata e temporizzata dai bioritmi neurogeni. Viene descritta la chirurgia della rino-base cranica mediante l'intervento di “setto-etmoidosfenectomia decompressiva neurovascolare”, sia conservativo che radicale sino al III grado monolaterale con deafferentazione trigemino-vegetativa selettiva che permette di salvare l'olfatto e di risolvere anche il dolore controlaterale decomprimendo il circolo ed eliminando la stasi anche dal lato opposto. Inoltre, viene sottolineato che la sintomatologia neurologica deficitaria od irritativa centrale (aura visiva, paresi sensitivo-motoria, epilessia) scompare dopo l'eliminazione chirurgica del “trigger rinogeno periferico”. Ciò evidenzia un nesso di causa-effetto che è l'interdipendenza funzionale centro-periferica, se pur inserita nel terreno costituzionale biochimico, neuroendocrino, neuro-trasmettitoriale emicranico controllato dai bioritmi vegetativi, disnocicettivi e psichici. I risultati chirurgici sono dell'88% di guarigioni o sostanziali miglioramenti con un follow up annuale dal 1964 al 1994 su un campione di 1000 pazienti su un totale di pazienti operati di 2124.   相似文献   

10.
The spongiform encephalopathies belong to the group of “slow virus infections” of the nervous system, characterized by a long incubation period, a protracted course and involvement of the nervous system with a lethal outcome. In contrast to the conventional virus infections, such as visna in sheep and progressive multifocal leukoencephalopathy (PML) in humans, the etiological agent for the spongiform encephalopathies has not been clearly defined. The known forms in animals are scrapie in sheep and goats, transmissible mink encephalopathy, and chronic wasting disease of mule deer and elk. In humans, the three known forms are Kuru, now mainly of historical interest, Creutzfeldt-Jakob (CJ) disease and the syndrome of Gerstmann-Straussler-Scheinker (GSS). An important feature of these diseases is the lack of an immune response by the host, which is reflected in the absence of inflammatory infiltrates in the affected tissues. In this editorial the two most important hypotheses on the etiology and pathogenesis of this group of conditions will be discussed. The “prion” hypothesis considers the possibility that a protein, derived from a normal component of the neuronal membranes may have a leading role, not only in the infectivity and transmissibility of these diseases, but in the pathological changes that ensue. A single host gene would code for both the normal and altered proteins. The altered protein would be partially insoluble and would result in the deposition of fibrils and rods which would precipitate in the form of amyloid. Since the involved protein would be coded for by the host, there would be no immune response against it. The viral hypothesis, on the other hand, maintains that the difficulties in isolating a nucleic acid in the infective agent are probably due to technical limitations more than to its real absence. A scrapie-specific nucleic acid, for instance, could be enveloped in a protein encoded by the host, so that the immune system would not be stimulated. Alternatively, a conventional virus, particularly a retrovirus, might be responsible for these diseases, since retroviruses can be integrated into the host genome, thus remaining hidden from the immune system of the host. Data, both in favor and against these two major hypothese will be briefly presented.
Sommario Le encefalopatie spongiformi fanno parte del gruppo delle “infezioni lente” del sistema nervoso, caratterizzate da un lungo periodo di incubazione, un corso clinico prolungato ed interessamento del sistema nervoso ad esito letale. A differenza delle infezioni da virus convenzionali, quali per esempio “visna” nella pecora e “progressive multifocal leukoencephalopathy” (PML) nell'uomo, l'agente eziologico delle encefalopatie spongiformi non è stato ancora decisamente individuato. Le forme conosciute nel mondo animale sono “scrapie” nella pecora e nella capra, recentemente trasmessa anche a piccoli roditori da laboratorio, “transmissible mink encephalopathy” e “chronic wasting diasease of the mule deer and elk”. Nell'uomo, le tre forme conosciute sono “Kuru”, ormai di valore essenzialmente storico, la malattia di Creutzfeldt-Jakob (CJ) e la sindrome di Gerstmann-Straussler-Scheinker (GSS). Una caratteristica importante di queste malattie è la mancanza di una risposta immunitaria da parte dell'ospite, la quale si traduce in assenza di infiltrati infiammatori nei tessuti nervosi affetti. In questo editoriale, le due ipotesi più importanti sulla eziologia e patogenesi di questo gruppo di malattie verranno discusse. L'ipotesi “prion” considera la possibilità che una proteina, derivante da una normale componente delle membrane neuronali, possa avere un ruolo principale sia nella infettività e trasmissibilità della malattia che nel risultante processo patologico. Un unico gene dell'ospite potrebbe essere il codice sia per le normali che per le alterate proteine. La proteina alterata sarebbe parzialmente insolubile e darebbe luogo a deposizione di fibrille che precipiterebbero in forma amiloide. Poiché la proteina interessata è codificata dall'ospite, non ci sarebbe risposta immune contro di essa. L'ipotesi virale, d'altronde, sostiene che le difficoltà di isolare un acido nucleico nell'agente infettivo è probabilmente dovuta più a limitazioni tecniche che ad una sua effettiva mancanza. Un acido nucleico specifico per la scrapie, per esempio, potrebbe essere completamente circondato da un proteina codificata dall'ospite, in maniera che il sistema immunitario non verrebbe a contatto con esso. Oppure, un vero virus convenzionale, quale un piccolo retrovirus, potrebbe essere responsabile della malattia, dato che i retrovirus hanno la capacità di integrarsi nel genoma dell'ospite, rimanendo, di nuovo, invisibili alle cellule immunitarie. Dati, sia in favore, che contro queste ipotesi opposte, verranno brevemente presentati.
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11.
We describe the case of a patient with a history of trigeminal neuralgia who suddenly developed the “top of the basilar” syndrome. MRI disclosed ischemic lesions in the left paramedian mesencephalic tectum, in the left ventral thalamus, in the left occipital lobe and a megadolichobasilar artery (MDBA). The association of MDBA with the top of the basilar syndrome is rarely reported. We discuss the possible hemodynamic mechanism producing a top of the basilar syndrome in the presence of MDBA.
Sommario Viene descritto il caso di un paziente, con una storia di nevralgia trigeminale, che ha improvvisamente presentato una “top of the basilar syndrome”. La RMN rilevava lesioni ischemiche a livello del tetto del mesencefalo in sede paramediana sinistra, nel talamo ventrale sinistro, nel lobo occipitale sinistro e la presenza di una megadolicobasilare. L'associazione di una megadolicobasilare con una “top of the basilar syndrome” è rara in letteratura. Gli autori discutono il possibile meccanismo emodinamico che può aver prodotto la sindrome in presenza di una anomala megadolicobasilare.
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12.
This study assessed the concurrent validity of the State-Trait Anxiety Inventory (STAI), the Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) and the Hamilton Anxiety Scale (Ham-A) for evaluating anxiety in a group of 46 Parkinson’s disease (PD) patients. The magnitude of correlations between the scales was high (all p<0.01), indicating a good concurrent validity. The item-by item analysis indicated that the main characteristics of anxiety in PD patients were ‘inability to relax’, ‘restlessness or inability to feel calm’ and ‘feeling tense’. The association between anxiety, as measured by the HADS-A, with demographic characteristics or clinical features of PD was not significant, supporting existing data suggesting that anxiety in PD is not closely correlated with the severity of motor symptoms or the degree of disability. The HADS-A may be the most appropriate scale for documenting patient-reported anxiety in depression.
Sommario Questo studio indaga la validità nel valutare l’ansia in un gruppo di 46 pazienti con malattia di Parkinson dell’Inventario per l’ansia di stato e di tratto (STAI-Y), della Hospital Anxiety and Depression Scale (HADS) e della scala Hamilton per l’ansia (Ham-A). Il livello di correlazione tra le scale è elevato (p<0.01), indicando una buona validità convergente. L’analisi dei singoli items mostra che le principali caratteristiche dell’ansia nei pazienti con malattia di Parkinson sono “l’incapacità a rilassarsi”, “l’irrequietezza o incapacità a stare calmo” e “il sentirsi teso”. L’associazione tra l’ansia, misurata con l’HADS, e le caratteristiche demografiche del campione e/o gli aspetti clinici della malattia di Parkinson non è significativa. Tale risultato sostiene i dati presenti in letteratura che suggeriscono che l’ansia nella malattia di Parkinson non è strettamente correlata con la gravità dei sintomi motori o con il livello di disabilità.
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13.
A single blind placebo-controlled study has been performed in order to investigate objectively the acute tremorolytic effect of oral L-Dopa in ten parkinsonians chronically treated with L-Dopa. Finger tremor was assessed by means of a computerized accelerometer method, at rest and during maintenance of a fixed posture. Both resting and postural tremor were significantly influenced by L-Dopa. An “acute test” with oral L-Dopa, especially when different tremor components are investigated, may be useful for identifying objectively parkinsonians whose tremor does not respond to drug therapy or shows a deterioration of drug-responsiveness.
Sommario Uno studio controllato con placebo è stato condotto su 10 pazienti affetti da morbo di Parkinson idiopatico, in trattamento cronico con L-Dopa, allo scopo di valutare in modo obiettivo l'effetto tremorolitico della L-Dopa. Il tremore è stato valutato alle mani mediante una metodica di accelerometria computerizzata, sia in condizioni di riposo che di postura. In entrambe le condizioni l'effetto tremorolitico della L-Dopa si è rivelato significativo. Un “test acuto” con L-Dopa orale, in particolare con l'esplorazione di componenti diverse del tremore, può risultare utile per una valutazione obiettiva di casi di Parkinson che non rispondano alla terapia farmacologica o che manifestino un deterioramento della risposta alla L-Dopa.
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14.
The aim of this study is to contribute to the definition of tetraplegic cerebral palsy (TCP) and to verify the classification criteria currently used by reviewing the clinical and neurological aspects of 50 children having non-progressive encephalopathy with neurological involvement of 4 limbs (symmetric 4-limb type, side-asymmetric type, upper-limb dominated type with or without dystonic traits). All severe diplegic patients, i.e. less upper than lower limb involvement and patients with dystonic hyperkinetic syndrome without spastic features were excluded. The data were supplied by the hospital records, evolution of motor performance and the presence or absence of epilepsy, visual problems, language disorders, intellectual impairment. All the children underwent: neurological examination, functional assessment, cognitive evaluation. Severe motor impairment was found in 80% of the patients, whose clinical characteristics led to a diagnosis of severe TCP or “true TCP” according to Hagberg, whereas 20% of them showed mild to moderate impairment with a more favorable prognosis. This group of patients complied with the classification of Michaelis who defined the quadrispastic CP types more broadly and delineated five subgroups also including cases with milder involvement (side-dominated, three-limb dominated tetraparesis). The intellectual assessment showed that, in the severely affected patients, only a small percentage had severe intellectual impairment (IQ<50, 37,5%), which contrasts with published data on this pathology, while the majority of the subjects showed moderate (25%) or mild intellectual impairment (32,5%) or normal cognitive function (5%). The presence or absence of dystonic traits did not influence the impairments considered in this study, except for the IQ data, which show a slight prevalence of severe intellectual impairment in the spastic group.
Sommario Scopo di questo studio è di contribuire alla definizione del concetto di tetraparesi spastica e di verificare i criteri di classificazione.esistenti. è stata effettuata una revisione degli aspetti clinici di un gruppo di 50 bambini affetti da encefalopatia non evolutiva con compromissione grave ai 4 arti, con o senza tratti distonici. Sono stati esclusi dallo studio i pazienti affetti da grave diplegia e quelli affetti da sindrome distonicoipercinetica senza segni di spasticità. I dati, ricavati dalla revisione delle cartelle cliniche, sono relativi all'acquisizione delle tappe di sviluppo motorio e alla presenza di deficit associati (epilessia, disturbi visivi e del linguaggio, compromissione intellettiva). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a: a) esame neurologico, b) valutazione neurofunzionale, c) valutazione intellettiva. Dai dati risulta che l'80% dei pazienti presenta un grave deficit motorio le cui caratteristiche cliniche rispondono alla definizione di “severe tetraplegia” secondo Hagberg, mentre il restante 20% presenta und deficit motorio lievemoderato, le cui caratteristiche cliniche corrispondono meglio alla classificazione proposta da Michaelis che prevede anche quadri clinici di minore gravità. La valutazione intellettuale ha dimostrato che, nei pazienti con maggiore compromissione motoria, solo una piccola percentuale presenta un deficit intellettivo severo (Q.I.<50, 37,5%) in contrasto con i dati della letteratura, mentre la maggior parte dei pazienti ha un deficit intellettivo moderato (25%) o lieve (32,5%) o uno sviluppo cognitivo adeguato (5%). La presenza o assenza di tratti distonici non sembra influire sulla incidenza dei deficit associati considerati, eccetto per il deficit intellettivo che risulta più severo nel gruppo dei soggetti spastici.
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15.
We have examined and subjected to statistical analysis the transient acute neurological complications arising in the course of hemodialysis in 103 patients with chronic renal failure (13,969 hemodialysis sessions). Our data show that such complications are multiform. Some of the symptoms are aspecific: headache, nausea and/or vomiting, muscle cramps. We have found these symptoms in over 96% of patients, often combined with extraneurological symptoms and phenomena, such as cardiocirculatory shock or increased blood pressure. The other symptoms denote real cerebral impairment: convulsions, consciousness disturbances, psychomotor agitation. They are present in 36% of the patients, but only 10.5% of the patients show a combination of at least two symptoms. In these patients the so-called “Disequilibrium syndrome” is present: its percentage in our case-series is similar to that reported in leterature.
Sommario Abbiamo censito e sottoposto ad indagine statistica le complicanze neurologiche acute transitorie insorgenti nel corso di emodialisi in 103 pazienti con insufficienza renale cronica (sono state esaminate 13.969 emodialisi). Dai nostri dati risulta che tali complicanze consistono di una sintomatologia multiforme: parte dei sintomi presentati dai pazienti sono aspecifici (cefalea, nausea e/o vomito, crampi muscolari). Sono presenti in oltre il 96% dei pazienti, associati a sintomi e fenomeni extraneurologici, quali collasso circolatorio o aumento di pressione arteriosa). Altri sintomi denotanti una vera compromissione cerebrale (convulsioni, disturbi di coscienza, agitazione psicomotoria) sono meno frequenti (compaiono nel 36% dei pazienti) e solo il 10,5% dei soggetti presenta un'associazione di almeno due di questi sintomi, configurando una “Sindrome da disequilibrio”, con percentuale, nel nostro campione, analoga a quella riferita in letteratura.
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16.
The purpose of our project was to analyse membrane-bound proteins in Haloperidol-treated rats with clear Parkinson type motor inhibitions. Membrane bound protein was chosen because the main sites of functional changes in the Parkinson syndrome may be the plasma membrane and postsynaptic membranes of nerve cells. Twenty male Sprague-Dawley rats were treated with Haloperidol for 67 days. The areas analyzed were the hippocampus and the caudate nucleus. The electrophoretic analyses were done by the method of Ballou (1974) as further elaborated by Booth (1977). Double-labeling analysis of 7 protein fractions after gel electrophoresis showed the presence of a 50 000-dalton protein infraction 3 of the caudate nucleus (see block diagrams) in the haloperidol-treated animals but not in the hippocampus material.
Sommario La presente nota riguarda i risultati di analisi delle proteine legate alla membrana cellulare di neuroni in ratti trattat i con Haloperidol fino alla comparsa di chiari segni di inibizione motoria di tipo parkinsoniana. Il motivo per il quale sono state scelle le proteine della membrana cellulare è che le alterazioni funzionali nella sindrome di Parkinson possono maggiormente localizzarsi nella membrana plasmatica e postsinaptica della cellula nervosa. Sono stati trattati 20 ratti per 67 giorni con Haloperidol. Le aree analizzate sono state l'ippocampo e il nucleo caudato. Le analisi elettroforetiche sono state eseguite secondo il metodo sviluppato da Ballon (1974) e successivamente da Booth (1977). I risultati di queste analisi (nucleo caudato) e del tessuto di controllo (ippocampo) di 7 frazioni proteiniche dopo gel elettroforesi hanno dimostrato la presenza di 50,000-dalton proteina nella frazione 3 del nucleo caudato (vedi grafico) nel materiale trattato con Haloperidol. Tale valore non è présente nell'ippocampo.
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17.
Supersensitivity to depolarization produced by succinylcholine and resistance to pancuronium were observed in paretic muscles of a patient with a right frontoparietal tumor. The abnormal sensitivity to relaxants is compared with observations reported in patients with myasthenia gravis and hemiparesis. We hypothesize that upper motoneuron dysfunction may be followed by the appearance of “new” junctional receptors, which may occasion a supersensitivity to depolarization and a poor affinity for both curare and anti-acetylcholine-receptor antibodies. A decrease in acetylcholinesterase activity of “decentralized” muscles should also be considered.
Sommario Ipersensibilità all'effetto depolarizzante della succinilcolina e resistenza all'effetto paralizzante del pancuronio vengono osservate nella muscolatura paretica di un paziente di 72 anni nel corso di un intervento neurochirurgico per la rimozione di un tumore fronto-parietale destro. La duplice anomalia della risposta viene paragonata alle osservazioni effettuate in pazienti nei quali coesistono miastenia gravis ed emiparesi da lesione centrale. Viene formulata l'ipotesi che la disfunzione del motoneurone centrale possa essere seguita dalla comparsa di “nuovi” recettori acetilcolinici giunzionali dotati di ipersensibilità alla depolarizzazione e di scarsa affinità per il curaro e per gli anticorpi antirecettore. Come ipotesi alternativa viene considerata la possibilità che le risposte anomale esibite dalla muscolatura “decentralizzata” siano attribuibili ad una riduzione dell'acetilcolinesterasi provocata dalla lesione neurologica.
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18.
Traumatic chronic injury of the cervical spinal cord caused by neck flexion (“flexion myelopathy”) is one of the suggested pathogenetic mechanisms for Hirayama disease (HD). Neurophysiological data, especially reporting particularly N13 cervical somatosensory response, are scarce and conflicting in HD. F wave, somatosensory evoked potentials (SEP), motor evoked potentials (MEP) and magnetic resonance imaging (MRI) studies were assessed in 3 HD male patients (aged 22, 36, and 51 years) with the aim of evaluating the functional effects of neck flexion in HD. Median and ulnar F waves, median, ulnar and posterior tibial SEP, and upper and lower limb MEP were performed bilaterally in standard conditions and during neck flexion in the patients. Cervical spinal MRI study was performed in standard position in two patients and both in standard and flexed positions in the third patient. F wave, SEP, and MEP findings did not show statistically significant differences in standard conditions and during neck flexion both in HD patients and controls. MRI with neck in standard position was normal in two patients, while in the third patient revealed cervical anterior horns signal changes and cord atrophy. In this patient, MRI with the neck in flexion showed that the spinal cord was normally located, was not compressed within the cervical canal and that there were no abnormalities of the dural sac. These findings suggest that in a complex disorder like HD no definite conclusions can be drawn from the present paper and some cases of HD without evidence of “flexion myelopathy” might have a different pathogenetic mechanism.
Sommario  La mielopatia cervicale indotta dalla flessione traumatica del collo è uno dei meccanismi patogenetici ipotizzato per la malattia di Hirayama (MH). In questa malattia i dati neurofisiologici sono scarsi e contraddittori. Lo studio della onda F, dei potenziali evocati somatosensoriali (PES) e motori (PEM) e della risonanza magnetica (RM) spinale cervicale erano valutati in 3 pazienti (rispettivamente di 22, 36, e 51 anni di età) maschi affetti da MH con lo scopo di valutare gli effetti funzionali della flessione del collo nella MH. Lo studio neurofisiologico (onda F, PES e PEM) era attuato bilateralmente con collo in posizione standard ed in flessione. Lo studio della RM spinale cervicale veniva attuato in due pazienti con collo in posizione standard e nel terzo paziente con collo in posizione standard ed in flessione. I risultati degli studi neurofisiologici non mostrano differenze statisticamente significative con collo in posizione standard ed in flessione nei pazienti con MH e nel gruppo di controllo. La RM eseguita con collo in posizione standard era normale in due pazienti, mentre rivelava alterazioni del segnale a livello delle corna anteriori e atrofia del midollo a livello cervicale nel terzo paziente. In questo paziente, la RM attuata con il collo in flessione mostrava il midollo cervicale normalmente localizzato e non compresso nel canale spinale ed il sacco durale senza anormalità. In conclusione, nei nostri pazienti la flessione del collo non mostra significativi cambiamenti dello studio neurofisiologico (onda F, PES e PEM). Questi dati propongono che in un disordine complesso come la MH nessuna definitiva conclusione può essere tratta dall’ attuale lavoro e che alcuni casi di MH senza elettrofisiologiche ed neuroradiologiche evidenze di mielopatia cervicale possono avere un differente meccanismo patogenetico.
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19.
Oligoclonal bands are a constant, non-modifiable feature of CSF examination in SSPE. We studied CSF oligoclonal IgG banding pattern in a long-surviving SSPE patient treated with serial courses of intrathecal α-IFN. α-IFN administration did not significantly modify the clinical status of the patient. Oligoclonal IgG banding pattern varied during the 58 month-long treatment. Oligoclonal bands disappeared at the end of the first course only to reappear during the third course, 2 years later, with a different electrophoretic pattern. We conclude that oligoclonal bands may transiently disappear from the CSF of long-surviving SSPE patients. Although α-IFN treatment induces no clinical improvement, it might affect the quality of Ig production.
Sommario Il ritrovamento di bande oligoclonali immodificabili nel tempo è una costante caratteristica del liquor di pazienti affetti da PESS. Viene qui descritto uno studio isoelettroforetico su campioni liquorali seriati di una paziente affetta da PESS, presentante un decorso particolarmente protratto e trattata con 4 cicli di α-IFN intratecale. Evidenti modificazioni qualitative del pattern delle IgG oligloclonali sono state evidenziate durante i 58 mesi di osservazione. Le bande oligoclonali, presenti al momento della diagnosi, sono scomparse alla fine del 1° ciclo terapeutico e sono ricomparse, con un pattern diverso dal precedente, alla fine del 3° ciclo. Gli autori concludono che, potendo le bande oligoclonali scomparire transitoriamente dal liquor di un paziente affetto da PESS, un esame liquorale non patognomonico non è sufficiente per escludere una diagnosi di PESS. Rimane, inoltre, possibile che il trattamento ripetuto con α-IFN, sebbene privo di rilevabile efficacia terapeutica, possa essere alla base delle modificazioni elettroforetiche qualitative da noi osservate.
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20.
Akathisia refers to subjective inner restlessness and a feeling of the need to move. Its occurrence in association with Parkinson disease suggests a common underlying pathophysiological mechanism. We investigated the relationship of neuroleptic-induced akathisia to drug induced parkinsonism in a group of 123 neuroleptic-treated elderly chronic schizophrenic inpatients (mean age: 63.9±8.9 years). In addition, since neuroleptic-induced akathisia has been noted to be more common in females, we studied the severity of akathisia separately by gender. Akathisia was present in 40 patients (32.5%). We found no significant differences in the severity of akathisia between patients with and these without parkinsonism. Although a significantly larger proportion of females than males had akathisia, there were no significant differences in respect of parkinsonism. Our findings do not support a major role for the dopaminergic system in the pathophysiology of akathisia might be related to dysfunction of nondopaminergic systems.
Sommario La acatisia è caratterizzata da una sensazione soggettiva e intima di inquietudine e dal bisogno di eseguire azioni motorie. Il fatto che compaia nel morbo di Parkinson suggerisce la presenza di un comune meccanismo patofisiologico. Abbiamo investigato la relazione acatisia indotta da neurolettici e parkinsonismo indotto da sostanze farmacologiche in un gruppo di schizofrenici cronici (123) trattati con neurolettici con età media 63.9±8.9 anni. Inoltre, poiché l'acatisia indotta da neurolettici è più frequente fra le donne, noi abbiamo studiato la severità dell'acatisia separatamente per i due sessi. L'acatisia era presente in 40 pazienti (32,5%). Non abbiamo trovato differenze significative nella severità dell'acatisia tra i pazienti con o senza parkinsonismo. Malgrado una più larga proporzione femminile col sintomo acatisia, non vi erano differenze significative rispetto al parkinsonismo. I nostri dati non confermano un ruolo significativo e prevalente del sistema dopaminergico nella patofisiologia dell'acatisia, mentre vi sono elementi consistenti per attribuire l'acatisia a disfunzione dei sistemi non dopaminergici.
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