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1.
Six patients with Steinert disease were treated with selenium and vitamin E, for a 24 month period, including a first phase of 12 months, 6 months wash-out interval and a second treatment phase of 6 months. Mean segmental strength values showed significant improvement during the first 12 months of therapy, while marked reductions of serum enzymes CPK, SGOT, SGPT and γ-GT were observed in some patients. The results support the hypothesis that selenium may play a role in the development of muscle damage in Steinert disease.
Sommario Sei pazienti, affetti da malattia di Steinert, sono stati sottoposti a terapia con selenio e vitamina E per un periodo di 24 mesi, che ha incluso una prima fase di 12 mesi, un intervallo di “wash-out” di 6 mesi ed una seconda fase di trattamento di altri 6. I valori medi di forza segmentaria mostrano un significativo aumento durante i primi 12 mesi di terapia, mentre in alcuni pazienti sono osservabili evidenti riduzioni dei livelli sierici degli enzimi CPK, SGOT, SGPT e γ-GT. Tali risultati sostengono l'ipotesi che il selenio può rivestire un ruolo nello sviluppo del danno muscolare nella malattia di Steinert.
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2.
We compared two groups of patients with idiopathic epilepsy, 41 patients whose seizure frequency was not controlled by adequate therapy and 39 patients in good seizure control, in respect of hematology, kidney and liver function tests, serum IgG, IgA and IgM concentrations and drug concentrations. The only difference that emerged were in the serum immunoglobulins, which were raised in the drug refractory group, significantly (p<0.01) so in the case of IgG. Failure of seizure control did not depend on inadequacy of drug dose or of blood concentration. Although the serum Ig changes do not warrant the assumption of an immunological origin for drug resistance, they do suggest a useful research line.
Sommario La determinazione delle concentrazioni ematiche di farmaci antiepilettici ha permesso di ottenere il controllo delle crisi nella maggior parte dei pazienti. Ciò nonostante, nel 30% dei pazienti non si hanno risultati soddisfacenti. Sono state perciò studiate le possibili alterazioni biochimiche o farmacologiche che potrebbero essere alla base della mancata risposta alla terapia. Sono stati confrontati due gruppi di pazienti affetti da epilessia idiopatica: in 41 la frequenza delle crisi in tre anni non era cambiata nonostante una terapia adeguata (pazienti resistenti) mentre in 39 pazienti si aveva un buon controllo delle crisi. Sono stati eseguiti i seguenti esami: ematologici, tests di funzionalità epatica e renale, concentrazione serica della IgG, IgA e IgM. La concentrazione ematica dei farmaci è stata determinata con una tecnica immunochimica (EMIT). Nel caso di pazienti in cura con Carbamazepina, la valutazione dei livelli di farmaco libero e totale nel siero, è stata eseguita in cromatografia liquida. determinando anche la concentrazione della Carbamazepina 10, 11 epossido. è stato notato che, per la maggior parte dei farmaci, non c'è differenza nella % di pazienti in range terapeutico tra i pazienti resistenti e i controlli: i livelli plasmatici di Fenobarbital sono maggiori del range terapeutico nel 25% dei resistenti e nel 15% dei controlli; i livelli plasmatici di Difenilidantoina sono nel range terapeutico nell' 16.7% dei resistenti e nel 50% dei controlli. La concentrazione delle immunoglobuline seriche è più alta nei pazienti resistenti e, in particolare, l'aumento delle IgG risulta statisticamente significativo (p<0.01). La mancata riduzione delle crisi nei nostri pazienti non è dovuta ad un inadeguato approccio terapeutico o ad una inadeguata concentrazione ematica dei farmaci; tuttavia l'alterazione osservata nella concentrazione serica delle IgG nei pazienti resistenti non è sufficiente per sostenere la causa della resistenza al farmaco su base immunologica.
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3.
The role of thymectomy in the management of myasthenia gravis is reviewed in the light of the published data and of a personal series. The patients in whom the operation is most successful are non thymomatous patients aged between 10 and 40 years with an MG history of less than 3 years. There is no sex prevalence. Lasting improvement may be expected. There are no proven correlations between biological indices like the germinal centers in the thymus and/or AChR antibody titers and the postoperative course of the disease. Complete removal of the thymus seems to be crucial and hence the transsternal approach is preferred. The operation, less effective in patients with thymona than in those with an active thymus, is nonetheless necessary to in these patients prevent putative damage to surrounding organs from thymona infiltration. Why thymectomy should be effective in patients with an active thymus and not in those with a thymona may be revealed by in vitro studies of the interactions between thymic cells and peripheral B cells, now in progress.
Sommario Viene rivisto alla luce dei dati della letteratura e della casistica personale il ruolo della timectomia nella terapia della miastenia. Dei pazienti non portatori di timoma i migliori risultati si ottengono in quelli di età fra i 10 e i 40 anni con una durata della malattia minore di tre anni. Non vi è prevalenza di sesso. Ci si può attendere un miglioramento duraturo. Non vi sono prove di una correlazione tra gli indici biologici germinativi quali i centri germinali nel timo e o il titolo degli anticorpi contro i ricettori acetilcolinici e il decorso post-operatorio della malattia. É fondamentale la completa asportazione del timo e perciò è preferibile la scelta della tecnica di approccio transternale. Nei pazienti con timoma la timectomia è meno efficace ma l'intervento è necessario per evitare danni derivanti dall'infiltrazione del timoma sugli organi circostanti. Il perché della efficacia della timectomia nei pazienti con un timo attivo ma non in quelli con timoma potrà essere chiarito dagli studi in vitro sulle interazioni tra cellule timiche e quelle periferiche B, studi che sono ormai in stadio avanzato.
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4.
We report a six-year clinical and electrodiagnostic follow-up of an adolescent patient with acute thallium poisoning from attempted suicide. During the acute stage the patient showed gastrointestinal disturbances, alopecia, and clinical and electrodiagnostic signs of severe polyneuropathy. Three years after poisoning, his neurological symptomatology was making progress, and electrophysiologic signs of peripheral neuropathy were mainly confined to lower limbs. Six years after intoxication, he was still complaining of weakness and sensory disturbances at the level of distal lower extremities; his neurologic and electrodiagnostic abnormalities affected mainly the feet. In this case report we underline the importance of early diagnosis and treatment to prevent neurological damage and the role of serial electromyographic and nerve conduction studies in thallium poisoning. These investigations allowed the authors to depict the electrophysiologic course of peripheral nervous system involvement over six years following poisoning.
Sommario Viene riportato uno studio clinico ed elettrodiagnostico di un giovane paziente con intossicazione acuta da tallio a scopo suicida, seguito per sei anni. Durante la fase acuta il paziente presentava disturbi gastrointestinali, alopecia, e segni clinici ed elettrofisiologici di una severa polineuropatia. Tre anni dopo l’avvelenamento, la sua sintomatologia neurologica migliorava ed i segni elettrofisiologici di neuropatia periferica erano principalmente confinati agli arti inferiori. Sei anni dopo l’intossicazione, il paziente lamentava ancora debolezza e disturbi sensitivi a carico dei tratti distali degli arti inferiori; dove persistevano segni neurologici ed elettrodiagnostici di danno neurologico. In questo caso noi evidenziamo l’importanza di una diagnosi e trattamento precoci per prevenire il danno neurologico ed il ruolo degli studi elettromiografico e di conduzione nervosa nell’avvelenamento da tallio. Queste indagini ci permettevano di descrivere il decorso elettrofisiologico del coinvolgimento del sistema nervoso e di confermare segni elettrodiagnostici di danno neurologico anche dopo sei anni dalla intossicazione.
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5.
Thrombolysis is proposed for the acute treatment of cerebral infarction as it is able to recanalize occluded arteries and thus potentially restore normal perfusion of the cerebral parenchyma, but the results concerning the efficacy of this treatment are still inconclusive. However, it has been fully demonstrated that thrombolytic treatment, leads to a significant reduction in mortality, in patients with acute myocardial infarction.Data from all of the pilot studies using SK or rPA treatment in acute stroke are described in this review, which underlines the incidence of hemorrhagic transformation (hemorrhagic infart and parenchymal hematoma) and its possible correlation to clinical worsening.Pharmacological, experimental and clinical studies encourage the carrying out of large-scale clinical trials using thrombolytics in patients with acute cerebral infarction.Significant data relating to ongoing controlled clinical trials will be available in the near future; only after the analysis of these results will it be possible to confirm the efficacy of thrombolytics in acute stroke.
Sommario La trombolisi è stata proposta nella fase acuta dell'infarto cerebrale quale terapia potenzialmente in grado di operare una ricanalizzazione arteriosa ed una conseguente riperfusione dell'area ischemica; ad oggi, però, i risultati degli studi eseguiti non permettono di provarne la reale efficacia. È già stato invece ampiamente dimostrato come il trattamento trombolitico determini una significantiva riduzione della mortalità nei pazienti colpiti da infarto miocardico acuto.In questa revisione vengono esaminati i risultati degli studi pilota condotti su pazienti con ictus acuto trattati con Streptokinasi o tPA, mettendo in luce l'incidenza delle trasformazioni emorragiche (infarto emorragico ed ematoma intraparenchimale) correlate all'evoluzione clinica.Gli studi farmacologici, sperimentali e clinici incoraggiano l'esecuzione di ampi studi con l'utilizzo della trombolisi anche in pazienti con infarto cerebrale.Prossimamente conosceremo i risultati degli studi in via di completamento: solo l'analisi di quei dati ci permetterà di confermare la reale efficacia di questo trattamento.
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6.
Among a number of biochemical disturbances occurring in the acute phase of brain insults, the destruction of membrane phospholipids and its consequences on the function of membrane-bound proteins is likely to be one of the most important. In the cryogenic type of injury which is classically considered as a relevant animal model of brain contusive lesions in human traumatology, the initial attack of membranes could consist in a peroxidative damage triggered by blood ferrous compounds. This in turn would lead to an activation of phospholipase A2. As a consequence of phospholipid disruption a number of enzymes involved in energy production within the mitochondria are severely impaired. Nevertheless, the level of available ATP within the cell remains normal and even higher than normal. This paradoxical finding suggests that energy utilization is even more lowered than energy production. In fact, the Na+−K+-ATPase activity which normally utilizes approximately 70% of the total amount of cellular energy is severely reduced. We assume that Na+−K+-ATPase impairment is directly responsible for the retention of intracellular Na+ accompanied by osmotically driven water, though admittedly other biochemical disturbances, including tissue acidosis and liberation of excitatory amino-acids, would contribute to the same result [2, 9, 16]. Lastly, a striking feature of these biochemical events is the early activation of those enzymes necessary for phospholipid resynthesis. This should mean that repair processes are at work immediately after the insult allowing resumption of Na+−K+-ATPase function, clearing up of brain edema and restoration of cation exchanges essential for brain work.
Sommario Fra le alterazioni biochimiche che si verificano nella fase acuta degli insulti cerebrali, una delle più importanti è la distruzione dei fosfolipidi di membrana. Nell'insulto di tipo criogeno, che è considerato un modello animale di lesione contusiva cerebrale nella traumatologia umana, il primo attacco delle membrane potrebbe consistere in um danno perossidativo determinato dai composti ferrosi del sangue. Ciò determinerebbe una attivazione della fosfolipasi A2. Come conseguenza della distruzione dei fosfolipidi si verifica un grave danno di numerosi enzimi impegnati in produzione di energia all'interno dei mitocondri. Pur tuttavia il livello dell'ATP disponibile all'interno della cellula rimane normale e persino più elevato del normale. Questo dato paradossale sembra suggerire che l'utilizzazione energetica è persino più ridotta della produzione di energia. Difatti l'attività delle Na+−K+ ATPasi che normalmente utilizzano circa il 70% del totale dell'energia cellulare è notevolmente ridotta. Noi pensiamo che l'interessamento delle NA+−K+ ATPasi è direttamente responsabile della ritenzione di NA+ intracellulare associato all'acqua regolata in modo osmotico, anche se altri disturbi biochimici, tra i quali l'acidosi tissulare e la liberazione di aminoacidi stimolanti, potrebbero contribuire alla medesima conseguenza. Per ultimo una caratteristica di questi eventi biochimici è l'attivazione precoce di questi enzimi necessari per la resintesi fosfolipica. Questo sta a significare che i processi riparativi sono in atto immediatamente dopo l'insulto permettendo la ripresa funzionale della NA+−K+ ATPase, la risoluzione dell'edema e la riattivazione degli scambi cationici essenziali per l'attività cerebrale.
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7.
Attention has focused on naloxone, an opiate receptor antagonist, because of its potential benefit in reversing neurological damage after acute cerebral ischemia. To evaluate the safety and possible efficacy of high-dose naloxone in ischemic stroke patients we planned a double blind pilot study. Between January 1989 and May 1990 24 patients were randomly assigned to the naloxone or placebo group according to age and neurological deficit. Naloxone was given in a loading dose of 5 mg/kg over 10 minutes followed by a 24-hour infusion at the rate of 3.5mg/kg/h. 10 patients experienced minor side effects but none of them had to discontinue the treatment. 9 patients improved: 6 in the naloxone group and 3 in the placebo group, but no significant difference was found using the non parametric Mann-Whitney test. Our study suggests that naloxone is safe at the dose used, but the results do not support the planning of similar trials on a larger scale.
Sommario è stata posta grande attenzione sul Naloxone, un antagonista dei recettori degli oppiacei, e sulla sua potenziale utilità nel far regredire il danno neurologico dopo un'ischemia cerebrale acuta. Per valuatare la sicurezza e la possibile efficacia di alte dosi di naloxone nei pazienti con ictus ischemico, abbiamo programmato uno studio pilota in doppio cieco. Dal gennaio 1989 al maggio 1990 ventiquattro pazienti sono stati assegnati casualmente al gruppo Naloxone o a quello Placebo secondo l'età e il deficit neurologico. Il naloxone venne somministrato in una dose di carico di 5 mg/kg in 10 minuti seguita da un 'infusione di 24 ore (3.5 mg/kg/h). Dieci pazienti ebbero effetti collaterali minori ma nessuno di essi dovette interrompere il trattamento. Nove pazienti migliorarono: sei nel gruppo Naloxone e tre nel gruppo placebo, ma non fu trovata alcuna differenza significativa usando il test non parametrico di Mann-Whitney. Il nostro studio suggerisce che il naloxone è sicuro alla dose usata, ma i risultati non giustificano la pianificazione di trials più grandi con le stesse caratteristiche.
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8.
We describe the clinical course, treatment and magnetic resonance findings during a four-year follow-up of a patient with acute multiple sclerosis of the Marburg type, treated with steroid and mannitol therapy, who survived the first bout. Although the course of the disease was clinically indistinguishable from relapsing-remitting multiple sclerosis, our case was characterized by peculiar features. These included the need for protracted steroid therapy and the remarkable tendency of MRI lesions to resolve completely.
Sommario Descriviamo il decorso clinico, la terapia e i quadri di risonanza magnetica durante un periodo di quattro anni di una paziente affetta da sclerosi multipla acuta tipo Marburg, trattata con steroidi e mannitolo, che sopravvisse al primo attacco. Sebbene il decorso clinico era simile ad una forma remittente di sclerosi multipla, il nostro caso si caratterizzava per la necessità di una protratta terapia steroidea e per la tendenza delle lesioni presenti alla risonanza magnetica di risolversi completamente.
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9.
A longitudinal electroencephalographic study of 100 patients suffering from acute leukaemia is reported. An high incidence of EEG abnormalities indicates the central nervous system involvement with no clinical manifestations. The patients have been divided in two groups: A) with normal EEG and B) with pathological EEG at the first clinical examination. The results suggest that not only this illness (cerebro-meningeal localisation) but many causes (metabolic, toxic or microcirculatory disturbances) can produce the abnormalities. Moreover therapy may cause CNS disturbances with EEG evidence. The most damaging seems to be the simultaneous association of radiation therapy and methotrexate.
Sommario Viene riportato uno studio longitudinale su 100 pazienti sofferenti per una leucosi acuta. L'elevata incidenza di alterazioni EEG osservata indica il frequente interessamento del SNC in questa malattia in assenza di segni clinici. I malati sono stati divisi in due gruppi: A) con EEG normale e B) con EEG patologici alla prima osservazione clinica. I risultati dimostrano che non solo la malattia, attraverso delle eventuali localizzazioni cerebromeningee, ma molte cause, quali i disturbi metabolici, possono essere responsabili delle alterazioni. La terapia comunque provoca dei disturbi a carico del SNC con delle manifestazioni eeg. L'associazione contemporanea di terapia radiante e methotrexate sembra essere la maggiore responsabile.
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10.
Two methods of inducing convulsions were used in male Swiss albino mice of different ages: exposure to hyperbaric oxygen and pentylenetetrazole treatment. Hyperbaric oxygen proved to be a valid model of experimental epilepsy with an age-dependent trend. The youngest mice presented a much longer convulsion latency time than the adult mice but the curve of distribution of latency time versus age showed progressively increasing sensitivity. Pentylenetetrazole induced convulsions, apart from the youngest subgroup, without variations by age. Hyperbaric oxygen convulsions provide an interesting model for the study not only of the neurochemistry of convulsions but also of the membrane changes that occur in the course of cerebral maturation and aging.
Sommario Due diversi metodi di indurre la convulsità sono utilizzati in un gruppo di topi albino Swiss di sesso maschile, di differenti età di vita: la esposizione all'ossigeno iperbarico e il trattamento con pentilentetrazolo. L'ossigeno iperbarico si dimostra in grado di costituire un modello valido di epilessia sperimentale con modalità dipendenti dall'età dell'animale. I topi più giovani presentano una latenza nel tempo di convulsività maggiore rispetto ai topi adulti, con un andamento della distribuzione dei tempi rispetto all'età che segue una curva di tipo iperbolico. Il pentilentetrazolo agisce come convulsivante con modalità identiche nei gruppi di animali di diverse età. Il modello di convulsività da ossigeno iperbarico ci sembra pertanto interessante non soltanto per lo studio della neurochimica del fenomeno convulsivo ma anche come possibile schema di indagine dei fenomeni biochimici e delle modificazioni di membrana che si verificano nel corso della maturazione e dell'invecchiamento cerebrale.
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11.
Multiple cerebral tuberculomas are now very rare. We report the case of a young man with an 8-month history of headache, febricula and abscess of the left tibiotarsal joint, which was found to contain mycobacterium tuberculosis. Chest X-rays revealed miliariform dissemination to both lungs while CT and MR brain scans revealed numerous small nodules, especially in the posterior cranial fossa. Despite anti-tuberculosis therapy the patient developed a right pyramidal hemisyndrome and intracranial hypertension. The inclusion of rifabutin in the treatment schedule was followed by rapid improvement and a year later the patient was in good health and free from cerebral and pulmonary lesions. The interest of the case lies in the multiplicity of sites of the TB process in a non immunodepressed patient, the dissemination to the CNS without meningeal involvement, the resistance to standard antimycobacterials and the swift response to rifabutin.
Sommario I tubercolomi cerebrali multipli sono assai raramente osservati; in letteratura sono documentati circa trenta casi. Descriviamo il caso di un giovane uomo che giunge all'osservazione con una storia di otto mesi di cefalea, febbricola, ascesso della tibio-tarsica sinistra. Operato l'ascesso, si riscontra mycobacterium tubercolosis nel materiale asportato. La radiografia del torace evidenzia disseminazione miliariforme ad entrambi i polmoni. TAC ed RMN cerebrali documentano numerosissimi piccoli noduli coinvolgenti specialmente la fosse posteriore. Nonostante instaurazione di terapia antimicobatterica classica, compare emisindrome piramidale destra con ipertensione endocranica. Introducendo Rifabutina si osserva rapido miglioramento della situazione. Dopo un anno di terapia il paziente è il buone condizioni; le lesioni cerebrali e polmonari scomparse. L'interesse del caso è determinato dalla pluricentricità dei processi TBC in paziente non-immunodepresso, dalla disseminazione tubercolare al nevrasse senza interessamento meningeo e dalla resistenza ai classici antimicobatterici, con pronta risposta alla Rifabutina.
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12.
The diagnostic value of the EEG in Creutzfeldt-Jakob disease is based not only on the presence of a typical pattern of periodic discharges but also on the appearance of cyclic changes in the EEG. The pattern of the cyclic EEG changes was analysed in 9 patients with Creutzfeldt-Jakob disease. The changes appear when the level of wakefulness is reduced. The alternating pattern rate increases as the disease progresses and accounts for as much as 100 per cent of the tracing when the patient is in coma. During the cyclic changes the cardiorespiratory rate is always higher in phase A than in phase B. Hypertonic fits and most myoclonic jerks are present only in the A-phase, whereas partial myoclonus and fasciculations are present in both phases. The cyclic change pattern in Creutzfeldt-Jakob disease reveals a progressive, serious involvement of the waking system.
Sommario Il contributo diagnostico dell'elettroencefalografia nella malattia di Creutzfeldt-Jakob è fornito non solo dalla presenza di un pattern caratteristico con anomalie pseudoperiodiche, ma anche dalla comparsa di modificazioni cicliche del tracciato. La comparsa delle modificazioni cicliche in 9 pazienti affetti da malattia di Creutzfeldt-Jakob è precoce nel corso della fase di stato della malattia e si manifesta in coincidenza di un abbassamento del livello di vigilanza. La percentuale di questo tracciato alternante ciclico aumenta con il progredire della malattia fino a raggiungere il 100% alla instaurazione del coma. Nel tracciato alternante ciclico le frequenze cardiaca e respiratoria sono sempre più elevate durante la fase A rispetto alla B. Le crisi ipertoniche e la maggior parte delle miocloniche sono presenti solo durante la fase A, ma le mioclonie parziali e le fascicolazioni sono egualmente presenti nelle due fasi. Il comportamento delle alternanze cicliche nella malattia di Creutzfeldt-Jakob mostra che i sistemi di vigilanza vi sono applicati in modo severo e progressivo. Uno studio longitudinale di questi aspetti poligrafici si dimostra molto utile per sorvegliare l'evoluzione clinica della malattia di Creutzfelt-Jakob.
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13.
From a consecutive series of 812 patients at risk of stroke we selected 100 who seemed to be at high risk (excessive stroke risk—ESR) on the following clinical criteria: either multiple reversible ischemic attacks in one carotid territory or multiple (or bilateral) severe stenotic carotid lesions. The patients of the first subgroup received medical therapy and those of the second were referred for surgery. The 100 patients were followed up for 12 months, during which 29 patients had cerebral ischemic events: 17 having stroke and 12 TIA. This study suggests that it is possible to identify beforehand subgroups of ESR patients, thereby facilitating the selection of patients for brain protection and avoiding huge trials of unselected cerebrovascular patients.
Sommario Abbiamo studiato una serie consecutiva di soggetti (812) a rischio di “stroke”; nell'ambito di questa serie abbiano selezionato 100 pazienti che sembravano costituire un sottogruppo ad alto rischio (excessive risk of stroke=ESR). Le caratteristiche di inclusione nel gruppo ESR erano le seguenti: a) attacchi ischemici reversibili multipli in un territorio carotideo; b) lesioni steno-occlusive monolaterali multiple o bilaterali. Il gruppo a) era trattato con terapia medica, il gruppo b) con terapia chirurgica. Tutti i pazienti ESR sono stati seguiti per 12 mesi. Durante il follow-up si sono verificati episodi cerebrovascolari focali in 29 soggetti (17 strokes e 12 ischemie reversibili). Nel gruppo chirurgico gli episodi cerebrovascolari si sono presentati soprattutto nel periodo peri-operatorio (entro la 7a giornata) e solo in pochi casi a distanza di tempo (da 1 a 6 mesi). Nel gruppo medico gli end-points si sono distribuiti durante tutto il periodo di follow-up (12 mesi). Il presente studio suggerisce che è possibile individuare a priori sottogruppi di pazienti a rischio eccessivo di stroke, facilitando l'attuazione di trials clinici di “brain protection”. Infatti, arruolando tali pazienti, è sufficiente condurre lo studio in un numero minore di soggetti piuttosto che non prendendo in esame una popolazione non selezionata, dove la frequenza di nuovi eventi è molto inferiore.
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14.
Infantile Huntington's disease (HD) shows a wide clinical heterogeneity. Here we describe the case of a child affected by HD who showed unusual neurological features consistent with tourettism. The absence of family history and persisting normal magnetic resonance imaging (MRI) results long after the onset of symptoms delayed the diagnosis of the disease. An MRI exam performed 26 months after disease onset disclosed bilateral atrophy in the putamen, suggesting HD. The diagnosis was confirmed by genetic analysis. The present report underlines the need to consider HD in childhood cases of unusual and even unfamiliar progressive movement disorders.
Sommario La corea degenerativa di Huntington è una malattia prevalentemente dell'adulto, raramente con esordio nell'età infantile ove si può presentare con variabilità di espressioni cliniche. Descriviamo il caso clinico di un bambino con corea di Huntington, affetto da un disordine progressivo del movimento inquadrabile in un tourettismo acquisito. La presentazione atipica, mai descritta prima d'ora in età infantile, l'assenza di familiarità e la non contributività della risonanza magnetica (RM) nella fase di stato della malattia, fecero sì the questa fosse sospettata solo tardivamente e confermata poi dall'analisi genetica. La presente segnalazione intende sottolineare la necessità che la malattia di Huntington venga considerata nella diagnostica diferenziale dei disordini progressivi non primari del movimento ad esordio infantile.
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15.
In the present study, we compared Tc-99m HMPAO single photon emission computed tomography (SPECT) brain images obtained using the conventional filtered backprojection (FBP) reconstruction method with the new reconstruction method of conjugate gradients with modified matrix (CGMM). The two methods were employed to generate SPECT images of a brain perfusion study in a 41-year-old patient who had suffered from multiple embolisation of the right hemisphere. Marked improvement in spatial resolution was achieved by CGMM reconstruction as compared to FBP reconstruction; this considerably helped in defining grey matter structures and low-uptake white-matter areas, both in the normal cerebral areas and in the hemisphere that had been affected by stroke. Although the relatively long time still required by the CGMM procedure might be considered as a significant drawback to date, with the increasing diffusion of the new computer facilities the CGMM method can be proposed as a valuable alternative to the standard FBP technique in order to better recognise cerebral areas with different tracer uptake.
Sommario L'obiettivo dello studio è stato di valutare le immagini cerebrali SPECT con Tc-99m HMPAO, ottenute con il metodo di ricostruzione convenzionale “filtered backprojection (FBP)” versus il nuovo metodo di ricostruzione del gradients coniugato con matrice modificata (CGMM). I due metodi sono stati impiegati per generare immagini SPECT di uno studio perfusionale cerebrate in un uomo di 41 anni che aveva subito embolizzazione multipla dell'emisfero destro. Le immagini sono state acquisite con una gamma camera dedicates agli studi cerebrali the consists di una cristallo anulare di NaI(T1) (CERASPECT). Net metodo CGMM un (retro-) proiettore modella accuratamente la geometria dell'acquisizione dei dati e tiene in debito conto le effettive prestazioni del complesso cristallo-collimatore per la specifica gamma camera usata. Un algoritmo iterativo usa il (retro-) proiettore per stimare la distribuzione del tracciante in un insieme di dati. Il (retro-) proiettore definisce i coefficienti di un enorme insieme di equazioni lineari che legano la distribuzione del tracciante all'interno del campo di vista delta gamma camera ad i conti fotonici misurati, e l'algoritmo iterativo fornisce una valutazione filtrata della soluzione di quell'insieme di equazioni. Sono stati calcolati i dati effettivi della risposta specifica del complesso cristallo-collimators ad una sorgente lineare posizionata alla periferia del campo di vista, i quali sono poi stati usati per calcolare i fattori di misura del (retro-) proiettore. Net metodo CGMM il numero delle iterazioni effettuate svolge quindi una ruolo simile al parametro di frequenza “cut-off” nella ricostruzione FBP. Un notevole miglioramento della risoluzione spaziale é stato ottenuto con il metodo CGMM rispetto a quello FBP; questo ha aiutato considerevolmente a definire le strutture cerebrali grigie dalle strutture bianche a basses captazione sia nelle arse cerebrali normali the nell'emisfero colpito dall'ictus. Sebbene i tempi relativamente lunghi ancora necessari per la procedure CGMM possano essere considerati oggi un limits significativo, con la rapida diffusions dei più moderni sistemi informatici il metodo CGMM può essere proposto come valida alternativa alla tecnica FBP standard allo scopo di ottenere un migliore riconoscimento delle aree cerebrali a differente captazione.
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16.
We describe a patient with defective tissue plasminogen activator (t-PA) release who developed internal cerebral vein thrombosis. She recovered completely and, as shown by MRI, favourable outcome was probably related to vascular recanalisation. Other members of the pedigree had a similar fibrinolytic deficiency without clinical manifestations. The use of oral contraceptives may have contributed to the patient's hypercoagulable state.
Sommario Gli autori descrivono il caso di una paziente affetta da trombosi acuta delle vene cerebrali profonde, portatrice di deficit di attivatore tissutale di plasminogeno (t-PA). Il recupero fu completo; con la RM si evidenziò la ricanalizzazione del circolo venoso profondo. Il deficit di t-PA era esteso ad altri membri della famiglia, pur in assenza di manifestazioni trombotiche. Nella paziente la trombosi venosa cerebrale esordì in concomitanza con l'assunzione di contraccettivi orali; vengono discusse le relazioni tra trombosi venose cerebrali, uso di contraccettivi orali e deficit dei sistemi anticoagulante e fibrinolitico naturali.
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17.
We describe the case of a 26 years old woman in chronic therapy with phenobarbital, carbamazepine, valproic acid (VPA) and clonazepam who showed a hyperammonemic encephalophaty after an increase in dosage of VPA. Similar cases have been reported, but with acute-subacute onset and no correlation with the plasma levels of VPA. Our case suggests the possibility that this toxic effect occurs during chronic treatment too, when the dosage of VPA is increased.
Sommario Descriviamo il caso di una giovane donna di 26 anni, in terapia cronica con fenobarbitale, carbamazepina, valproato di sodio (VPA) e clonazepam che ha presentato un'encefalopatia iperammoniemica dopo aumento posologico del VPA. In letteratura sono descritti casi simili ad esordio acuto-subacuto e non correlati ai livelli plasmatici del VPA. L'osservazione del nostro caso suggerisce la possibilità che tale effetto tossico si verifichi anche durante trattamento cronico quando si aumenti la posologia del VPA
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18.
The present review was designed to integrate both experimental and clinical data and to focus on the problems of management of severe cases of acute organophosphate poisoning, which always show CNS involvement. AChE activity, in discrete regions of the human brain, was studied by quantitative histochemistry of 40 μ thick sections. The regional effects of AchE inhibition by organophosphates was examined in a comparative study of the brains of two victims and two control brains, matched for age and sex. The pattern of AChE inhibition was regionally selective. The most significant decreases were observed in the neocerebellum, thalamic nuclei and the cortex. This specific distribution of AChE inhibition may be correlated with some of the clinical characteristics of acute organophosphate poisoning. The diagnostic value of blood AChE levels was examined in a personal series of 53 patients, who needed artificial ventilation, intensive care monitoring and antidotal treatment. The effects and side-effects of the antidotal treatment were reassessed. Recommended regimen of therapy was outlined, based upon experience in this series and in recent animal studies. The logical therapy would be and almost always in the co-administration of an anticholinergic drug (usually atropine) and an AChE reactivator (oximes) in order to rapidly obtain the most beneficial effect in the critically ill patient. Seizures that do not respond to the specific antidotal therapy, should be treated with I.V. benzodiazepines. Artificial respiration and supportive measures are essential for patient' survival. They enable the patient to gain the necessary time for sufficient recovery of AChE activity.
Sommario Questa relazione si propone di correlare i dati clinici e sperimentali e i problemi di comportamento nei casi di avvelenamento acuto da organofosfati nei quali vi è sempre coinvolgimento del sistema nervoso centrale. L'attività dell'acetilcolinesterasi (AChE) è stata studiata in diverse regioni cerebrali con metodiche di istochimica quantitativa. Gli effetti regionali della inibizione della AChE da parte degli organofosfati sono stati comparati sui cervelli di 2 vittime e di 2 controlli paragonabili per sesso e per età e si è visto che il danno è regionalmente selettivo. Il maggior difetto è stato constatato nel neocervelletto, nei nuclei talamici e nella corteccia. Questa distribuzione così specifica nella inibizione di AChE può essere correlata con alcune caratteristiche cliniche dell'avvelenamento da organofosfati. Il dato diagnostico dei livelli ematici di AChE è stato esaminato in una serie di 53 pazienti che hanno avuto necessità di ventilazione artificiale, di cure intensive e di trattamento con antidoti. Gli effetti e i controeffetti del trattamento sono stati riconsiderati ed è stato elaborato e raccomandato uno schema di terapia ricavato da questa esperienza e da recenti ricerche eseguite su animali. La terapia più logica vuole sempre l'associazione di un farmaco anticolinergico (solitamente l'atropina) e di reattivatori dell'AChE, gli ozimi, per poter ottenere rapidamente effetti benefici. Le crisi convulsive, poi, che non rispondono al trattamento di base, devono essere sedate colle benzodiazepine. La respirazione artificiale è essenziale per la sopravvivenza del malato e va unita ad altre terapie di supporto capaci di guadagnare il tempo necessario per la ripresa dell'attività della AChE.
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19.
In order to improve the quality of service and limit costs of a local electromyographic service, the requests for electromyographic (EMG) examination issued by general practitioners and specialists were critically evaluated. The diagnoses suspected by referring doctors were compared with medical history and clinical data to analyze (1) the utility of EMG for the final diagnosis and (2) the concordance with that of the neurophysiologist and with the EMG results. In 1994 and 1995, there were 3482 patients referred to the EMG service. Only patients undergoing EMG for the first time (2706 subjects) were considered. In 76.6% of cases, the referring doctor had indicated the suspected diagnosis in the request. This diagnosis was compatible with medical history, symptoms and the results of neurological examination in 57.6% of cases. In 77.2%, the neurophysiologist considered the EMG useful in confirming the clinical diagnosis. The suspected diagnosis was confirmed by the clinical diagnosis of the neurophysiologist and by the EMG results in 54.2% and 45.4% of cases, respectively. When the request was issued by neurosurgeons, neurologists, orthopedists, rheumatologists and physiatrists, the suspected diagnosis was more accurate; as a consequence the EMG was more correctly oriented than when the request was issued by other specialists or by general practitioners. It is recommended that neurological examination be a prerequisite for EMG requests issued by general practitioners. Sommario è stato condotto uno studio di revisione critica dei sospetoi diagnostici che accompagnavano le richieste di esame elettromiografico, pervenute presso un ambulatorio territoriale di elettromiografia (EMG), allo scopo di migliorare la qualità del servizio offerto e contenere i costi di gestione. Sono state valutate, sulla base dell’obiettività clinica e dei dati anamnestici raccolti, la plausibilità del sospetto diagnostico che accompagnava le richieste redatte dai medici curanti e l’effettiva necessità di esecuzione dell’esame. è stata anche calcolata la concordanza tra il sospetto diagnostico del medico curante con la diagnosi finale formulata dal neurofisiologo prima dell’esecuzione dell’EMG, e con i risultati dell’EMG. Nel biennio 1994 e 1995 sono pervenuti 3482 pazienti. Lo studio è stato condotto sui pazienti che eseguivano l’esame per la prima volta (2706). Il sospetto diagnostico era indicato nel 76.6% dei casi ed era compatibile con la storia, i sintomi e l’obiettività neurologica del paziente nel 57.6%. Nel 77.7% dei casi la richiesta di EMG è stata ritenuta utile per la conferma diagnostica. La diagnosi clinica del neurofisiologo e i risultati EMG concordavano con il sospetto diagnostico indicato dal curante rispettivamente nel 54.2% e 45.4% dei casi. Le percentuali più alte di plausibilità del sospetto, di utilità della richiesta e di concordanza diagnostica si osservavano per le categorie dei neurochirurghi, neurologi, ortopedici, reumatologi e fisiatri rispetto ai medici di base e agli altri specialisti. Pertanto, gli Autori propongono che l’accesso diretto a un servizio di EMG del territorio sia consentito solo ai pazienti con richieste redatte da specialisti in neurologia, neurochirurgia, ortopedia, reumatologia e fisiatria. Per gli altri appare indispensabile eseguire prima una visita neurologica da parte di uno specialista.  相似文献   

20.
Non-Hodgkin lymphomas (NHL) of the Central Nervous System (CNS) are rare but they nonetheless consistute a clinical, biological and therapeutic problem of great interest. Primary lymphomas of the CNS account for 2% of all malignant lymphomas and for 0.3–1.5% of all intracranial tumors. Surgery and radiotherapy afford only poor control of the disease. The most satisfactory results have been achieved with combination therapy, surgery+radiotherapy+chemiotherapy, but the optimal combination has still to be devised. Secondary neuromeningeal involvement affects a fair number of patients with systemic NHL. The symptoms are broadly the same as in CNS NHL and the treatment as problematic. There have recently been suggestions that the onset of CNS NHL may be exacerbated by immunodeficiency states such as occur in patients who have undergone organ transplantation, in autoimmune disease and, still more recently, in the acquired immunodeficiency syndrome (AIDS). The frequency of these tumors is anyway on the increase and a better insight into the disease in essential.
Sommario I linfomi non-Hodgkin (LNH) del Sistema Nervoso Centrale (SNC) rappresentano una patologia molto rara che comunque assume peculiare rilevanza clinica, biologica e terapeutica. I linfomi primitivi del SNC rappresentano il 2% di tutti i linfomi maligni e lo 0,3%–1,5% di tutti i tumori intracranici. Le modalità terapeutiche adottate sono abbastanza complesse, l'intervento chirurgico e la radioterapia non hanno ottenuto un significativo controllo della malattia; i risultati più soddisfacenti sono stati attribuiti all'impiego combinato della terapia chirurgica in associazione con la radioterapia e la chemioterapia; tuttavia l'impiego ottimale di tali trattamenti non è stato ancora definito. Un altro particolare aspetto è costituito dal coinvolgimento neuromeningeo nel corso di LNH a diffusione sistemica e dalle problematiche di profilassi e trattamento che ne conseguono. In questi ultimi anni alcuni studi hanno suggerito che l'insorgenza di LNH del SNC può essere incrementata da stati di immunodeficienza acquisita come quelli che si verificano in pazienti sottoposti a trapianto d'organo, in casi di disordini autoimmunitari e ancora più recentemente nella Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS). La frequenza di questi tumori sta comunque aumentando e quindi si rende indispensabile una migliore comprensione di tale patologia.
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