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1.
In a retrospective study we evaluated the platelet count in 45 patients mean age 73±9 years, with cerebral infarction (C.I.) documented by CT, and 45 age and sex-matched controls randomly selected. In 12 patients changes in platelet count were examined prospectively, starting from the acute event for 30 days. In the retrospective study the mean platelet count in C.I. was significantly lower than that found in controls: 260, 220±86,076/mm3 and 302, 422±65,747/mm3 (p<0.05) respectively. In the prospective study the mean count was 213,330±79,930/mm3. A progressive increase up to the 9–12th day was observed, achieving a mean of 305,630±83,470/mm3 (p<0.01), not statistically different from controls. The 40–45% decrease of platelet count shows that about half of the circulating platelets had rapidly disappeared from the systemic circulation, presumably related to an increase in vivo platelet activation and aggregation.
Sommario In uno studio retrospettivo è stata riconsiderata la conta delle piastrine in 45 pazienti con età media di 73±9 anni, affetti da infarto cerebrale acuto (I.C.), documentato all'esame TAC, ed in 45 soggetti di controllo. In 12 pazienti è stata condotta anche una valutazione prospettica per un periodo di 30 giorni. Nei pazienti con I.C. il numero delle piastrine è risultato in condizioni basali significativamente ridotto in confronto a quello dei controlli rispettivamente 260.220±86.076/mm3 e 302.422±65.747/mm3 (p<0.05). Il valore più basso è stato riscontrato nei primi due giorni dall'evento acuto con successiva normalizzazione entro 9–12 giorni. Il decremento massimo è risultato di circa il 40–45%. In conclusione: in corso di I.C. acuto una gran parte delle piastrine scompare dalla circolazione sistemica entro le prime 24–48 ore, verosimilmente per un aumento “in vivo” dell'attivazione e dell'aggregazione piastrinica.
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2.
We examined 21 patients with ischemic cerebrovascular disease using magnetic resonance angiography and transcranial Doppler. In 17 patients (81%), the results obtained by the two methods were concordant. In our opinion, the associated use of transcranial Doppler and magnetic resonance angiography provides an accurate diagnostic evaluation of ischemic stroke patients, not only allowing the site of possible steno-occlusive disease of large and medium cerebral vessels to be identified, but also offering the possibility of obtaining dynamic information concerning the direction of blood flow in the presence of compensatory circulations at the level of Willis' circle.
Sommario Abbiamo esaminato 21 pazienti affetti da patologia cerebro-vascolare ischemica con Angio-RM e Doppler Transcranico. In 17 pazienti (81%) i dati ottenuti con le due metodiche sono risultati concordanti. L'uso associato del Doppler Transcranico e dell'Angiografia a Risonanza Magnetica può permettere, a nostro avviso, una accurata valutazione diagnostica del paziente affetto da stroke ischemico consentendo l'individuazione della sede della eventuale patologia steno-occlusiva dei vasi cerebrali di medio e grosso calibro oltre alla possibilità di ottenere informazioni di tipo dinamico riguardanti la direzione del flusso ematico in presenza di eventuali circoli di compenso a livello del poligono di Willis.
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3.
We followed up 107 patients experiencing a first-ever ischemic stroke after having been affected by essential hypertension for at least one year, in order to analyze the phenomenon of post-stroke blood pressure lowering. Of the 82 patients still surviving after three months of follow-up, 44 (54%) had normal arterial blood pressure values. There were no significant differences between these normotensive patients and the 38 with high blood pressure in terms of cerebrovascular risk factors or disability, but blood pressure normalized in 34 of the 54 patients experiencing a carotid stroke (63%) and in only 10 of the 28 experiencing vertebrobasilar stroke (36%) (p=0.035). These data may offer a starting point for further studies of the neurogenesis of arterial hypertension.
Sommario Al fine di analizzare il fenomeno della normalizzazione della pressione arteriosa dopo ictus cerebrale in pazienti prima ipertesi, abbiamo osservato 107 soggetti con primo ictus ischemico, che erano già precedentemente affetti da ipertensione arteriosa da almeno un anno. Degli 82 (77%) sopravvissuti a tre mesi di follow-up, 44 (54%) hanno mostrato una normalizzazione della pressione arteriosa. L'incidenza di fattori di rischio per malattia cerebrovascolare e disabilità grave non è risultata significativamente diversa nel gruppo degli ipertesi rispetto ai normotesi. Tuttavia la normalizzazione della pressione arteriosa è stata osservata in 34 dei 54 pazienti con ictus carotideo (63%) e solo in 10 dei 28 con ictus vertebrobasilare (36%) (p=0.035). Riteniamo che tali dati offrano uno spunto per ulteriori ricerche sulla genesi neurogena dell'ipertensione arteriosa essenziale.
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4.
148 patients with various forms of cerebrovascular disease (CVD) were studied by means of a multiparametric analysis ofin vitro platelet aggregation, based on the following six parameters: ADP and epinephrine primary and secondary aggregation thresholds and percent maximum aggregation induced by optimal concentrations of ADP and epinephrine. These patients were assigned to four study groups, according to clinical diagnosis supported by CT scan, of transient ischemic attack and reversible neurological deficit (TIA-RIND), or completed stroke, in the presence or absence respectively of antiplatelet medical treatment at the time of the study. A statistically significant increase of thein vitro platelet aggregation was found in 44.4% of the untreated TIA-RIND patients and in 33.9% of the untreated stroke patients. However this last group showed a higher percentage of very marked hyperaggregation. Differences between the two treated study groups and controls were not signicant. No difference was found in collagen-and ristocetin-induced aggregation between the patient groups and the controls.
Sommario 148 pazienti con varie forme di malattia cerebrovascolare, sono stati studiati con analisi multiparametriche dell'aggregazione piastrinica in vitro sulla base dei seguenti sei parametri: le soglie di aggregazione primaria e secondaria e l'aggregazione massima percentuale indotta da ADP ed Epinefrina. Questi pazienti sono stati suddivisi in 4 gruppi di studio in accordo con la diagnosi clinica confortata dai dati della TAC e cioè: TIA, RIND, o rammollimento in presenza o in assenza rispettivamente di un trattamento antiaggregante nel momento dello studio. è stato trovato un aumento statisticamente significativo dell'aggregazione in vitro delle piastrine nel 44.4% dei casi TIA, RIND non trattati e nel 33,9% dei casi di rammollimento non trattati. Quest'ultimo gruppo, però, ha dimostrato una più alta percentuale di iperaggregazione molto marcata. Le differenze tra i 2 gruppi di studio trattati con antiaggreganti e i controlli non erano significative. Inoltre nessuna differenza è stata riscontrata tra i gruppi e i controlli nell'aggregazione indotta da collageno e ristocetina.
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5.
The presence of a dense appearance of the horizontal part of the middle cerebral artery (the “dense middle cerebral artery sign”) was looked for on CT scans taken on admission in 90 consecutive patients with ischemic stroke in the carotid artery distribution. The outcome of the 14 patients with the sign was poorer than that of 76 patients without the sign (Odds ratio 4.3). We suggest that this sign could be a useful prognostic variable in the acute phase of an ischemic stroke.
Sommario è state ricercata retrospettivamente la presenza della immagine iperdensa del tratto orizzontale della cerebrale media (“dense middle cerebral artery sign”) negli esami TAC eseguiti in 90 pazienti consecutivi con sintomatologia riferibile ad ischemia acuta nel territorio del circolo carotideo. L'evoluzione clinica dei 14 pazienti in cui il segno della cerebrale media iperdensa è stato rilevato è stata peggiore degli altri 76 (Odds ratio 4.3). Gli autori suggeriscono che il rilievo di questo segno può rappresentare una utile indicazione prognostica precoce nei casi di ischemia cerebrale acuta.
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6.
Carotid endarterectomy (CE) has recently been proved to be beneficial in symptomatic patients with severe (70–99%) appropriate carotid stenosis. After discussing the historical evolution of CE as a possible preventive treatment of ischemic stroke, we review the results of North American and European trials in order to give practical information for the management of cerebrovascular patients.
Sommario Recentemente è stata dimostrata l'efficacia della endoarterectomia carotidea (E.C.) in pazienti sintomatici con stenosi carotidea appropriata di grado elevato (70–99%). Dopo una analisi della evoluzione storica della E.C. quale possibile trattamento preventivo dell'ictus ischemico, abbiamo effettuato una revisione critica dei risultati dello studio Nordamericano ed Europeo, con lo scopo di fornire informazioni pratiche per la gestione del paziente cerebrovascolare.
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7.
105 patients suffering from arteriosclerotic peripheral vascular disease (PVD) underwent epidural spinal stimulation in the last 10 years. Before 1986 the main indication was ischemic pain without any consideration of trophic lesions (19 pts) while afterward the selection of the patients was more accurate in terms of disease's stage. The analysis of the data shows a more favourable results in the second group. Our experience suggest to use this technique in the treatment of patients in Fontaine's stage III and IV without necrosis and large trophic lesions.
Sommario 105 pazienti affetti da vasculopatia periferica agli arti inferiori sono stati sottoposti, negli ultimi 10 anni, ad impianto di elettrodo epidurale spinale. Prima del 1986 la principale indicazione all'intervento era rappresentata dal dolore di tipo ischemico, senza alcuna attenzione alle lesioni trofiche; dopo tale data la selezione dei pazienti è stata molto più accurata, sulla base dello stadio della malattia. I risultati ottenuti dimostrano che i risultati migliori si sono avuti nel secondo gruppo di pazienti. La nostra esperienza permette di concludere che la migliore indicazione di tale metodica è rappresentata dal III e IV stadio secondo Fontaine, senza necrosi ed estese lesioni tissutali.
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8.
In view of the higher prevalence of severe ischemic stroke among patients with atrial fibrillation (AF) and of the recently reported higher frequency of stroke with AF in females, 516 consecutive patients with ischemic stroke, of whom 93 had AF, were retrospectively evaluated. The main anamnestic, clinical and laboratory features of the AF and non-AF groups were statistically compared and the features of the AF group were statistically evaluated according to gender and age. Our results confirm the greater severity of stroke in AF patients than in non-AF patients and the higher frequency of stroke with AF in female patients. Moreover, a significantly higher frequency of stroke with AF was found in the male 60–69 and the female 80–89 age groups than in the other age groups. Relevant risk factors in females aged 80–89 were hypertension and left ventricular hypertrophy (LVH), while diabetes, alcohol, smoking and LVH prevailed among 60–69 year old males.
Sommario Sono stati esaminati retrospettivamente 516 pazienti consecutivi affetti da ictus ischemico, di cui 93 con fibrillazione atriale (AF), al fine di valutare la maggiore incidenza di ictus ischemico grave nei pazienti con fibrillazione atriale (AF), così come la maggiore frequenza di ictus associati a AF nel sesso femminile. Sono stati confrontati statisticamente i principali dati anamnestici, clinici e laboratoristici dei due gruppi di pazienti, AF e non-AF. Inoltre, sono state valutate statisticamente le caratteristiche del gruppo AF, secondo il sesso e l'età. I nostri risultati confermano l'esistenza di una maggiore gravità dell'ictus nei pazienti con AF rispetto a quelli non-AF, così come una maggiore incidenza di ictus associati a AF nel sesso femminile. Inoltre, è stata riscontrata una frequenza significativamente maggiore di ictus associati a AF nei soggetti maschi di età compresa fra 80–89 anni. Fattori di rischio rilevanti nelle femmine di età 80–89 anni erano costituiti dall'ipertensione e dall'ipertrofia ventricolare sinistra (LVH), mentre il diabete, l'alcool, il fumo e l'LVH erano presenti nei maschi di età 60–90 anni.
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9.
Serum and cerebrospinal fluid (CSF) from patients with multiple sclerosis (MS), patients with other (non-inflammatory) neurological diseases (OND), patients with non-inflammatory non-neurological diseases, and normal controls were assayed for lymphocyte activiting factor (LAF) activity by thymocyte costimulation. LAF activity was detected in normal control sera, which did not differ significantly in this respect from MS or OND patient sera. Not were there significant differences by stage of MS (chronic progressive MS, MS in relapse and MS in remission) or between MS patients and the non-inflammatory non-neurological controls. Almost all the CFSs assayed presented lower values than did the corresponding sera. Serum and CSF after fractionation showed no significant increase in LAF activity except in the 2 MS patients in remission. From these data it may be assumed that LAF activity does not necessarily correspond to the clinical phase of MS. The possible role of LAF activity as a marker of MS progression has yet to be determined.
Sommario La capacità di co-stimolare la proliferazione timocitaria (attività LAF) è stata valutata nel siero e nel liquor di pazienti con sclerosi a placche e con altre malattie neurologiche non infiammatorie. La valutazione è stata anche fatta in pazienti senza malattie neurologiche né infiammatorie, considerati come controlli ed in soggetti normali. I sieri di questi ultimi presentavano un certo grado di attività LAF e non è stata trovata alcuna differenza significativa tra questo gruppo e tra i sieri dei pazienti con sclerosi a placche e quelli dei pazienti con altre malattie neurologiche. Inoltre, non vi era alcuna differenza significativa tra i sieri dei pazienti con sclerosi a placche in vari stadi della malattia. Anche nei campioni di liquor non è stata trovata alcuna differenza significativa e comunque quasi tutti i liquor esaminati presentavano una minore attività LAF dei rispettivi sieri. L'attività LAF dopo frazionamento non aumentava significativamente ad eccezione dei due sieri di pazienti con sclerosi a placche in remissione. Alla luce di questi dati si può concludere che l'attività LAF non è correlata necessariamente alla fase clinica della sclerosi a placche.
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10.
To find out whether the high blood glucose values sometimes found in the first stage of ischemic stroke have any prognostic value, we considered 76 patients hospitalized within 24 h of an acute cerebral infarction, documented by CT brain scan and/or necropsy, whose fasting blood glucose was recorded before any treatment was given. The patients were sorted into 3 groups: diabetics, normoglycemic nondiabetics and hyperglycemic nondiabetics. On the CT findings cases with large cortical and/or subcortical infarcts were analyzed separately from those with lacunar infarcts. The clinical symptoms on admission proved to be more severe (p<0.02) and 30-day mortality higher (p<0.02) among the hyperglycemic nondiabetics, who also showed a highly significant (p<0.00001) preponderance of large cortical and subcortical infarcts over lacunar infarcts. Multivariate analysis, which took account of variables of known relevance to the prognosis of cerebral infarction (age, sex, arterial hypertension, severity of the clinical pattern, type of brain lesion), confirmed the statistically discriminant power, in terms of mortality, of belonging to the hyperglycemic nondiabetic group. The results of the study confirm that hyperglycemia at stroke onset in nondiabetic patients is an adverse prognostic factor and suggest that it may be a reaction to stress, depending on the size of the infarcted area.
Sommario Al fine di stabilire l'eventuale significato prognostico degli elevati tassi glicemici, talora riscontrabili nelle fasi più precoci di un ictus cerebrale ischemico, sono stati presi in considerazione 76 pazienti ricoverati nelle prime 24 ore dopo un infarto cerebrale acuto, documentato con TAC del cranio e/o autopsia, la cui glicemia a digiuno è state rilevata prima dell'inizio di qualsiasi intervento terapeutico. I pazienti sono stati divisi in 3 gruppi: diabetici, non diabetici normoglicemici e non diabetici iperglicemici. A seconda dei reperti della TAC del cranio sono stati separatamente analizzati i casi con estesi infarti corticali e/o sottocorticali e quelli con infarto lacunare. La sintomatologia clinica all'ingresso è risultata più grave (p<0.02) e la mortalità a trenta giorni maggiore (p<0.02) nei pazienti non diabetici iperglicemici nei quali si è constatata inoltre una preponderanza altamente significativa (p<0.00001) di grossi infarti corticali e sottocorticali. L'analisi multivariata, che ha tenuto conto delle principali variabili di nota importanza per la prognosi dell'infarto cerebrale (età, sesso, ipertensione arteriosa, gravità del quadro clinico, tipo di lesione cerebrale). ha confermato il ruolo discriminante statisticamente significativo, riguardo alla mortalità, dell'appartenenza al gruppo dei non diabetici iperglicemici. I risultati dello studio confermano il ruolo prognosticamente sfavorevole dell'iperglicemia nella fase di esordio di un infarto cerebrale nei pazienti non diabetici e suggeriscono come essa possa avere un significato di reazione allo stress in rapporto all'estensione del'area infartuata.
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11.
By means of transthoracic contrast echocardiography, the prevalence of a patent foramen ovale (PFO) was studied, in a continuous series of 48 patients aged less than 50 years with a recent episode of acute cerebral ischemia. A PFO was found in 11 subjects (23%). In the subgroup of younger patients (aged less than 30 years), the prevalence was much higher than in those aged 30 or more (58% against 11%, p=0.0022). In the 19 patients with clear evidence of extracardiac causal factors of cerebral ischemia, there was no PFO; of the remaining 29 subjects, a PFO was present in 11 (38%) (p=0.0015). In conclusion, the possibile presence of a PFO must be carefully investigated in subjects with cerebral ischemia aged less than 30, as well as in subjects aged between 30 and 50 in whom there is no acceptable explanation for their cerebral ischemic episode.
Sommario La prevalenza della pervietà del forame ovale (PFO) è stata studiata, per mezzo della Eco-cardiografia transtoracica con iniezione di mezzo di contrasto, in una serie continua di 48 pazienti di età inferiore ai 50 anni, affetti da episodi acuti di ischemia cerebrale focale. La presenza di PFO è stata dimostrata in 11 soggetti (23%). Nel gruppo dei più giovani (sotto i 30 anni) la prevalenza di questa anomalia cardiaca è risultata molto più alta che in quello dei più anziani (58% contro 11%, p=0,0022). Inoltre, non vi era alcun caso di PFO tra i 19 soggetti in cui è stata dimostrata una evidente causa extracardiaca del disturbo cerebrovascolare, mentre la PFO era presente nel 38% degli altri 29 casi (p=0.0015). In conclusione, la presenza di PFO deve essere ricercata con cura nei pazienti cerebrovascolari ischemici di età inferiore a 30 anni così come in quelli tra i 30 ed i 50 in cui non sia dimostrabile una verosimile causa dell'episodio ischemico cerebrale.
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12.
In nine patients affected with dystrophia myotonica the effect of taurine parenteral treatment has been studied. Taurine administration remarkably reduced the hyperexcitability of myotonic muscles. The greater effectiveness of intravenousversus intra-arterial therapy can probably be ascribed to the higher plasma concentration of the amino acid brought about by the former route of administration. A dose-dependent antimyotonic effect of taurine is therefore suggested.
Sommario L'efficacia della somministrazione parenterale di taurina è stata studiata in nove pazienti affetti da distrofia miotonica. La somministrazione dell' aminoacido ridusse nettamente l'ipereccitabilità dei muscoli miotonici. La maggiore efficacia della terapie endovenosa rispetto a quella intra-arteriosa è probabilmente legata al più elevato livello ematico di taurina prodotto dalla somministrazione endovenosa. Viene pertanto suggerita l'esistenza di una relazione tra la dose dell' aminoacido somministrata e. l'effetto antimiotonico.
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13.
56 cerebral ischemia patients up to the age of 40 were investigated using a strict clinical and instrumental protocol in order to elicit the relative importance of the various iatrogenic factors involved. In addition to atherosclerosis risk factors (smoking, hypertension, ischemic heart disease, diabetes, dyslipidemia) other possible causes of cerebral ischemia were sought (arteritis, migraine, head injury, oral contraceptives, coagulation disorders, cardiogenic embolism, etc.). 50% of the patients examined had at least two atherosclerosis risk factors and 55% had other causes singly or in association with atherosclerosis.
Sommario Cinquantasei pazienti affetti da ischemia cerebrale di età uguale od inferiore ai 40 anni, sono stati seguiti con un rigido protocollo clinico e strumentale, allo scopo di chiarire l'importanza relativa dei diversi fattori patogenetici. Oltre ai fattori di rischio per malattia aterosclerotica (fumo, ipertensione, cardiopatia ischemia, diabete, dislipidemia) sono state ricercate altre possibili cause di ischemia cerebrale (arteriti, emicrania, trauma cranico, terapia estroprogestinica, disturbi della coagulazione, fattori embolici cardiogeni, ecc.). è risultato che il 50· dei pazienti esaminati presenta almeno due fattori di rischio per aterosclerosi e che nel 55· dei pazienti erano presenti altre cause di ischemia cerebrale da sole o in associazione con l'aterosclerosi.
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14.
Attention has focused on naloxone, an opiate receptor antagonist, because of its potential benefit in reversing neurological damage after acute cerebral ischemia. To evaluate the safety and possible efficacy of high-dose naloxone in ischemic stroke patients we planned a double blind pilot study. Between January 1989 and May 1990 24 patients were randomly assigned to the naloxone or placebo group according to age and neurological deficit. Naloxone was given in a loading dose of 5 mg/kg over 10 minutes followed by a 24-hour infusion at the rate of 3.5mg/kg/h. 10 patients experienced minor side effects but none of them had to discontinue the treatment. 9 patients improved: 6 in the naloxone group and 3 in the placebo group, but no significant difference was found using the non parametric Mann-Whitney test. Our study suggests that naloxone is safe at the dose used, but the results do not support the planning of similar trials on a larger scale.
Sommario è stata posta grande attenzione sul Naloxone, un antagonista dei recettori degli oppiacei, e sulla sua potenziale utilità nel far regredire il danno neurologico dopo un'ischemia cerebrale acuta. Per valuatare la sicurezza e la possibile efficacia di alte dosi di naloxone nei pazienti con ictus ischemico, abbiamo programmato uno studio pilota in doppio cieco. Dal gennaio 1989 al maggio 1990 ventiquattro pazienti sono stati assegnati casualmente al gruppo Naloxone o a quello Placebo secondo l'età e il deficit neurologico. Il naloxone venne somministrato in una dose di carico di 5 mg/kg in 10 minuti seguita da un 'infusione di 24 ore (3.5 mg/kg/h). Dieci pazienti ebbero effetti collaterali minori ma nessuno di essi dovette interrompere il trattamento. Nove pazienti migliorarono: sei nel gruppo Naloxone e tre nel gruppo placebo, ma non fu trovata alcuna differenza significativa usando il test non parametrico di Mann-Whitney. Il nostro studio suggerisce che il naloxone è sicuro alla dose usata, ma i risultati non giustificano la pianificazione di trials più grandi con le stesse caratteristiche.
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15.
Nine severely disabled clinically definite chronic progressive multiple sclerosis (MS) patients who had at least one determination of intra-blood-brain-barrier (BBB) IgG synthesis rate of greater than 7 mg/day (upper limit of normal=3.3) participated in this study. Seven patients were given 1 gram of methylprednisolone sodium succinate (MP) by intravenous infusion over 30 minutes once a day for 3 days. Statistically significant (p<.05) reduction in intra-BBB IgG synthesis (mg/day) was seeen in 4/7 patients, but in only 2 were normal levels of synthesis rate (<3.3 mg/day) attained. Rebound of IgG synthesis to premedication rates occurred within 30 days in 2/4 patients. There was no change in intensity or pattern of cerebrospinal fluid (CSF) oligoclonal IgG bands by isoelectric focusing, immunofixation, and silver staining. A subsequent course of intrathecal methylprednisolone acetate (MPA) (80 mg twice a week for 5 weeks) was given to 5 of the 7 patients and to 2 additional patients not previously treated. In spite of signs of subarachnoid inflammation, a statistically significant depression of intra-BB synthesis, which far exceeded that from the pulse treatment occurred in all 7, including the 2 patients whose intra-BBB IgG synthesis rates were previously resistant to pulse steroid administration. Normal levels of synthesis were rapidly reached in 4/7 patients; however, an IgG synthesis rebound occurred in 3/7 patiens which was just as rapid. One out of 7 patients showed a temporary reduction in the number of cathodic IgG oligoclonal bands in the CSF. Two patients required discontinuation of treatment due to aseptic meningitis in one and progressive weakness in the other. Clinically, these severely afflicted patients with fixed deficits remained unchanged with either treatment protocol. While MPA and ACTH have similar initial effect on the central nervous systems (CNS) inflammatory response in MS, the well documented risk of serious adversities with MPA prohibit its clinical use in MS in its present form.
Sommario 9 pazienti affetti da una forma avanzata di MS definita come progressiva cronica che avevano almeno una determinazione dell'indice di sintesi delle IgG di barriera emato-encefalica (BBB) superiore a 7 mg. pro die (limite superiore al normale=3.3) hanno partecipato a questa ricerca. A 7 pazienti è stato somministrato 1 g. di metilprednisolone sodio succinato per via endovenosa per la durata di 30 minuti una volta al giormo per 3 giorni. In 4 su 7 pazienti è stata vista una riduzione statisticamente significativa della BBB mentre solo in due pazienti si raggiunsero i normali livelli di sintesi. In 2 su 4 pazienti il ritorno ai valori pre medicazione avvenne in 30 giorni. Non vi è stata variante delle bande oligoglonali IgG studiate col focusing isoelettrico, l'immunofissazione e la colorazione argentica. Successivamente è stato somministrato del metilprednisolone acetato (MPA) per via intratecale alla dose di 80 mg. due volte alla settimana per cinque settimane a 5 dei 7 pazienti e a 2 pazienti addizionali non trattati prima. Nonostante segni di infiammazione subaracnoidea è stata constatata una importante depressione della sintesi di IgG in tutti e 7 i pazienti compresi i due resistenti alla somministrazione per via venosa. Normali livelli di sintesi sono stati raggiunti rapidamente in 4 pazienti su 7 mentre negli altri 3 si ebbe un rapido ritorno ai valori di partenza. 1 dei 7 pazienti ha dimostrato una temporanea riduzione nel numero delle bande oligoclonali IgG catodiche nel liquor. 2 pazienti hanno dovuto sospendere il trattamento per il verificarsi di una meningite asettica in uno e di un progressivo adinamismo nell'altro. Non vi sono state variazioni del quadro clinico. Si conclude che il metilprednisolone e l'ACTH hanno un effetto iniziale simile sulle risposte infiammatorie del sistema nervoso centrale nei casi di MS, ma il ben documentato rischio di seri controeffetti col MPA ne proibisce l'uso clinico nella MS con le modalità descritte.
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16.
We compared two groups of patients with idiopathic epilepsy, 41 patients whose seizure frequency was not controlled by adequate therapy and 39 patients in good seizure control, in respect of hematology, kidney and liver function tests, serum IgG, IgA and IgM concentrations and drug concentrations. The only difference that emerged were in the serum immunoglobulins, which were raised in the drug refractory group, significantly (p<0.01) so in the case of IgG. Failure of seizure control did not depend on inadequacy of drug dose or of blood concentration. Although the serum Ig changes do not warrant the assumption of an immunological origin for drug resistance, they do suggest a useful research line.
Sommario La determinazione delle concentrazioni ematiche di farmaci antiepilettici ha permesso di ottenere il controllo delle crisi nella maggior parte dei pazienti. Ciò nonostante, nel 30% dei pazienti non si hanno risultati soddisfacenti. Sono state perciò studiate le possibili alterazioni biochimiche o farmacologiche che potrebbero essere alla base della mancata risposta alla terapia. Sono stati confrontati due gruppi di pazienti affetti da epilessia idiopatica: in 41 la frequenza delle crisi in tre anni non era cambiata nonostante una terapia adeguata (pazienti resistenti) mentre in 39 pazienti si aveva un buon controllo delle crisi. Sono stati eseguiti i seguenti esami: ematologici, tests di funzionalità epatica e renale, concentrazione serica della IgG, IgA e IgM. La concentrazione ematica dei farmaci è stata determinata con una tecnica immunochimica (EMIT). Nel caso di pazienti in cura con Carbamazepina, la valutazione dei livelli di farmaco libero e totale nel siero, è stata eseguita in cromatografia liquida. determinando anche la concentrazione della Carbamazepina 10, 11 epossido. è stato notato che, per la maggior parte dei farmaci, non c'è differenza nella % di pazienti in range terapeutico tra i pazienti resistenti e i controlli: i livelli plasmatici di Fenobarbital sono maggiori del range terapeutico nel 25% dei resistenti e nel 15% dei controlli; i livelli plasmatici di Difenilidantoina sono nel range terapeutico nell' 16.7% dei resistenti e nel 50% dei controlli. La concentrazione delle immunoglobuline seriche è più alta nei pazienti resistenti e, in particolare, l'aumento delle IgG risulta statisticamente significativo (p<0.01). La mancata riduzione delle crisi nei nostri pazienti non è dovuta ad un inadeguato approccio terapeutico o ad una inadeguata concentrazione ematica dei farmaci; tuttavia l'alterazione osservata nella concentrazione serica delle IgG nei pazienti resistenti non è sufficiente per sostenere la causa della resistenza al farmaco su base immunologica.
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17.
The aim of this study was to look for the presence of spindling in the different stages of remission of the vegetative state to underline all possible correlations with lesional sites, severity of coma and final outcome. The nocturnal polygraphic recordings from 30 patients were examined: 20 (15M, 5F, mean age 31.7 years, range 16–41) had originally suffered a traumatic brain injury, 10 (4M, 6F, mean age 40.5 years, range 24–48) had hypoxic brain lesions. Evidence of spindling, always reduced in density and duration, was found in 44% of these patients, prevalently in the traumatic patients (53.3% versus 30% of hypoxic patients). No subjects in the full stage 0, 0–1 of the vegetative state (apallic syndrome) presented spindling. No significant correlation was found between spindling and the following parameters: gender, the time between the onset of coma and the polygraphic recording, or the site of the lesion.
Sommario Scopo del lavoro è stato quello di osservare la presenza di fusi da sonno nei vari stadi di remissione dello stato vegetativo (sindrome apallica) e valutarne le eventuali correlazioni con le sedi della lesione, la severità del coma e l'outcome finale. Le registrazioni poligrafiche notturne sono state effettuate su 30 pazienti: 20 (15 maschi, 5 femmine, età media 31,7 anni, range 16–41) traumatizzati cranici, 10 (4 maschi, 6 femmine, età media 40,5 anni, range 24–48) con lesioni da ipossia cerebrale. La presenza di fusi da sonno sebbene ridotta di densità e durata, è stata riscontrata nel 44% dei pazienti, con una prevalenza nei traumatizzati cranici del 53,3% contro il 30% degli ipossici. Non sono stati riscontrati fusi da sonno nei primissimi stadi di remissione (0 e 0–1) dello stato vegetativo. Non è stata osservata alcuna correlazione tra la presenza di fusi da sonno ed i seguenti parametri: sesso, intervallo tra insorgenza del coma e momento della registrazione e sede della lesione.
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18.
The antiepileptic activity of the imidazole derivative denzimol has been evaluated in 10 patients with poorly controlled partial epilepsy by adding on the drug to the current therapy, in an open preliminary trial. A sustained drop in seizure frequency greater than 50% occurred in 5 patients. Although denzimol increased blood concentrations of carbamazepine, correlation analysis indicated that the improvement was more likely due to intrinsic properties of denzimol. No severe side effects were reported, although several patients experienced nausea and vomiting, which caused 2 patients to drop out.
Sommario L'attività antiepilettica del denzimol, derivato imidazolico, è stata preliminarmente valutata in un gruppo di 10 pazienti affetti da epilessia parziale scarsamente controllata dalle terapie convenzionali, secondo un disegno sperimentale aperto, “add-on”. In 5 pazienti vi è stata una riduzione della frequenza delle crisi superiore al 50% rispetto al valore pre-trattamento. Sebbene il denzimol tenda ad aumentare i tassi plasmatici della carbamazepina, l'analisi della correlazione ha dimostrato che il miglioramento è in larga misura dovuto a proprietà intrinseche del denzimol. Non sono stati evidenziati effetti collaterali di particolare rilevanza, anche se numerosi pazienti hanno presentato nausea e vomito, che in due casi hanno determinato la sospensione del farmaco.
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19.
Sommario. Il medico che decide di somministrare una terapia trombolitica ad un paziente con ictus acuto non deve solo considerare i risultati dei trial randomizzati e controllati, cosa peraltro già di per sé complessa, ma si trova anche a dover affrontare una serie di problematiche legate al consenso e alle norme deontologiche e legislative, che non sempre si adattano facilmente alle situazioni di emergenza e ai problemi causati dall'ictus in fase acuta. Mentre l'analisi degli studi sulla trombolisi nella letteratura medica di questi ultimi anni è stata ampia, se non ridondante, il secondo aspetto, quello di come affrontare il problema del consenso, non è mai stato trattato in maniera adeguata. Il problema del consenso è particolarmente importante e delicato in Italia e in gran parte dei Paesi dell'Unione Europea, dove la terapia trombolitica può essere utilizzata soltanto off label, cioè al di fuori dell'autorizzazione dello Stato, o in ambito sperimentale. Questo documento si propone pertanto di fornire a tutti coloro che trattano il malato con ictus in fase acuta degli stumenti di riflessione che faccciano da ponte fra la generica indicazione della terapia trombolitica, derivante dall'esperienza degli studi clinici, e la sua effettiva utilizzazione. Received: 7 August 2001 / Accepted in revised form: 16 October 2001  相似文献   

20.
Sensory symptoms have been reported in 40–60% of patiens with Parkinson's disease, and in at least 10% of patients these symptoms precede the onset of the motor disorder. The pathophysiology of these symptoms remains unknown. Diminished brain serotonin concentration has been reported to be associated with sensory symptoms. Serotonin metabolism is regulated by pineal melatonin. The secretory activity of the pineal gland may be diminished in Parkinson's disease. In experimental animals pineal melatonin has been shown to exert analgesic effects by interacting with opiate receptors. In addition, since opioid peptides mediate the analgesic effects of melatonin, decreased opioid peptide functions in Parkinson's disease may be associated with disruption of the “fine-tuning” pain modulatory functions of melatonin and possibly indirectly facilitate the emergence of sensory symptoms.
Sommario Nel 40–60% dei pazienti affetti da morbo di Parkinson sono stati descritti sintomi sensoriali e nel 10% di essi questi sintomi precedono l'inizio dei disturbi motori. La patofisiologia di questi sintomi è, per ora, sconosciuta. è stata però descritta una diminuzione della concentrazione della serotonina cerebrale associata ai sintomi sensoriali. Il metabolismo della serotonina è regolato dalla melatonina pineale: perciò l'attività secernente della ghiandola pineale può essere diminuita nel morbo di Parkinson. Nelle esperienze sugli animali la melatonina pineale risulta esercitare un'azione analgesica in quanto interagisce coi recettori oppioidi. Inoltre, piché i peptidi oppioidi mediano gli effetti analgesici della melatonina, la riduzione degli effetti dei peptidi oppioidi nel morbo di Parkison può essere associato colla scomparsa delle funzioni modulatorie della melatonina sul dolore e ciò può facilitare indirettamente la comparsa di sintomi sensoriali.
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