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1.
We tested the effects of continuous positive airway pressure (CPAP) in 8 patients with obstructive sleep apnea syndrome (OSAS). The comparison of a nocturnal polygraphic study performed during spontaneous breathing with a study during CPAP administration performed the following night showed a significant reduction in stage 1 and increase in REM, the abolition of obstructive apneas and a significant increase in mean oxyhemoglobin saturation. Most patients reported marked relief of symptoms after the first night of treatment. However 3 patients, though confirming the improvement refused further CPAP. We conclude that CPAP is an effective measure for prevention of apneas in OSAS and that in compliant patients it may be regarded as a short-term measure when a permanent correction of the causes is planned, or as a long-term treatment when the latter is not feasible.
Sommario Abbiamo provato gli effetti dell’applicazione di ventilazione a pressione positiva continua (CPAP) su otto pazienti affetti da sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS). Il paragone tra uno studio poligrafico notturno eseguito durante respirazione spontanea, ed uno eseguito la notte successiva durante applicazione di CPAP ha mostrato significativa riduzione dello stadio 1 ed aumento del REM, la scomparsa delle apnee ostruttive ed un aumento significativo della saturazione ossiemoglobinica media. Inoltre la maggioranza dei pazienti ha notato una sensibile attenuazione della sintomatologia già dopo la prima notte di trattamento. Tre pazienti però pur confermando il miglioramento non hanno accettato di proseguire la terapia nelle notti successive. Si può concludere che la CPAP è un’efficace forma di prevenzione delle apnee nell’OSAS e che nei pazienti adattabili può essere considerata per una terapia di breve durata se può essere previsto un intervento correttivo della patologia di base o come una terapia di lunga durata negli altri casi.
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2.
We report two cases of lower cranial nerve palsies (XII in case 1, IX–X–XII in case 2) associated with abnormalities of the internal carotid artery at the base of the skull. In case 1 a limited dissection of the carotid wall produced both paresis of the hypoglossal nerve and Horners syndrome by compression of the nerve trunk against the base of the skull and stretching of the periarterial sympathetic fibres respectively. In case 2 we speculate that a narrow angled kinking of the internal carotid artery may have damaged cranial nerves IX, X and XII by interfering with the blood supply to the nerve trunks. In both cases the outcome was favorable with almost complete regression of the initial symptoms. We conclude that the association between lower cranial nerve disturbances and internal carotid artery abnormalities is probably more common than was thought. We suggest that the pathogenesis of the damage to the cranial nerves may differ from one case to the next.
Riassunto Gli Autori riportano due casi di paralisi dei nervi cranici bulbari (XII nel caso 1, IX–X–XII nel caso 2) causate da anomalie dell'arteria carotide interna alla base cranica. Nel caso 1 la paresi del XII nervo cranico, associato con sindrome di Claude Bernard Horner ipsilaterale, è state determinata da un anuerisma dissecante della carotide con conseguente compressione del tronco nervoso contro la base cranica e stiramento delle fibre simpatiche periarteriose. Nel caso 2 viene ipotizzato che la lesione del IX, X e XII nervo cranico sia stata di origine ischemica per la presenza di un'ansa ad angolo acuto dell'arteria carotide interna. In entrambi i casi il decorso è stato favorevole, con regressione pressochè completa dei sintomi iniziali. L'associazione fra anomalie della carotide interna e disturbi dei nervi cranici bulbari è probabilmente più frequente di quanto si ritenesse in precedenza e la patogenesi della lesione nervosa può essere variabile da caso a caso.
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3.
1-methyl-4-phenyl-1,2,5,6-tetrahydropyridine (MPTP) has been shown to produce a parkinsonian syndrome in humans and other primates. Recent studies have demonstrated that in humans the hypothalamus has the highest binding density for (3H) MPTP, which corresponds to monoamine oxidase type B (MAO-B). There is evidence that the conversion of MPTP to the toxic compound MPP+ takes place in the hypothalamus; subsequently, MPP+ is transported to the striatal system, where destruction of nigrostriatal dopamine neurons occurs. Thus, the hypothalamus appears to be a primary target organ of MPTP toxicity. This assumption is supported by the observation that monkeys exposed to MPTP exhibit extensive pathological lesions in the hypothalamus which are manifested clinically by the development of life-threatening anorexia requiring forced feeding to overcome. We discuss the clinical implications of MPTP-induced hypothalamic damage to the pathophysiology of MPTP-induced parkinsonism and to Parkinson disease. It is suggested that consideration of hypothalamic involvement in MPTP-induced parkinsonism may provide a broader understanding of the pathophysiology of parkinsonism and may, in addition, account for the preliminary observations that MAO-B inhibitors retard the progression of Parkinson disease and possibly prolong life expectancy.
Sommario La l-metil-4-fenil-1,2,5,6 tetraidropiridina (MPTP) produce una sindrome parkinsoniana nell'uomo e in alcuni primati; studi recenti hanno dimostrato che nell'uomo l'ipotalamo ha la più alta capacità di legare il (3H) MPTP. è dimostrato che la conversione dell'MPTP nel composto tossico MPP+ si svolge nell'ipotalamo; successivamente lo MPP+ è trasportato al sistema striato e quindi si determina una distribuzione dei neuroni della dopamina nigrostriatale. Risulta così che l'ipotalamo è l'organo bersaglio primario della tossicità dell'MPTP e ciò è dimostrato dalla osservazione che le scimmie esposte al-l'azione dell'MPTP presentano estese lesioni patologiche nell'ipotalamo e manifestano clinicamente una anoressia di tale gravità da richiedere l'alimentazione forzata. Noi discutiamo le implicazioni cliniche del danno ipotalamico da MPTP con la patofisiologia del parkinsonismo indotto da MPTP e col morbo di Parkinson. Riteniamo che l'interessamento ipotalamico nel Parkinson indotto da MPTP può dare una più ampia interpretazione della fisiopatofisiologia del parkinsonismo e può dare spiegazione di osservazioni preliminari che dimostrano che i MAO-B inibitori ritardano la progressione del morbo di Parkinson e prolungano probabilmente l'aspettativa di vita.
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4.
Very few cases of Pisa syndrome have been reported. The syndrome consists of dystonic symptoms, namely, tonic flexion of the trunk to one side and its slight rotation. It appears to be a side effect of prolonged antipsychotic therapy. We report on a case of Pisa syndrome in which withdrawal significantly improved the dystonic symptoms. However, a severe exacerbation of schizophrenic symptoms required the immediate resumption of neuroleptic therapy which was followed by the reappearance of dystonic symptoms. Associated anticholinergic medication led to only a slight improvement.
Sommario In letteratura sono stati riportati rari casi di sindrome di Pisa. La sindrome consiste in una distonia caratterizzata dalla flessione del tronco verso un lato e dalla sua rotazione e sembra essere causata da una prolungaterapia antipsicotica. Gli Autori riportano un caso di sindrome di Pisa nel quale la sospensione dei farmaci determinò un considerevole miglioramento della distonia. Tuttavia una marcata accentuazione dei sintomi schizofrenici determinò l'immediato ripristino della terapia neurolettica che fu seguita dalla ricomparsa della distonia. Fu associata una terapia con farmaci anticolinergici che tuttavia portarono ad un miglioramento trascurabile dei sintomi.
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5.
Recent clinical observations favor the theory that migraine is caused by a primary injury of cerebral neurons with secondary involvement of intracranial and extracranial blood vessels. The primary injury is attributed to disruption of cerebral neurotransmitters and particularly the neuroadrenergic and serotonergic systems. These theories have not explained the importance of environmental factors, which so frequently trigger migraine. The author suggests that the pineal gland, which is outside the CNS unprotected by blood brain barrier and sensitive to external stimuli, could act as the intermediate causative factor of migraine, via a derangement of melatonin.
Sommario I dati più recenti sono in favore della teoria che l'emicrania dipende da una offesa primaria dei neuroni cerebrali e da un secondario interessamento dei vasi intra ed extracranici. L'interessamento primario viene attribuito a una disfunzione dei neurotrasmettitori e soprattutto dei sistemi adrenergico e serotoninergico. Queste teorie, però, non hanno spiegato l'importanza dei fattori ambientali che frequentemente scatenano l'attacco emicranico. L'Autore ipotizza che la ghiandola pineale che si trova al di fuori del sistema nervoso centrale, ma è protetta dalla barriera ematoencefalica ed è sensibile agli stimoli esterni, possa agire come fattore causale intermedio dell'emicranica tramite una disorganizzazione della produzione di melatonina.
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6.
For several years polyunsaturated fatty acids (PUFAs) and in particular essential fatty acids (EFAs) have been proposed for the treatment of multiple sclerosis (MS). There are contrasting data in literature regarding the effects of the n-6 and the n-3 PUFA series on different aspects of the disease, in particular on the frequency and severity of relapses and platelet function. This can be ascribed to the different criteria of patient selection in relation to the form and severity of disease at the beginning of the various studies. Till now authors have tended to consider the effect of PUFA supplementation only on some clinical aspects of the disease. Modification in the more sensitive indices (immunological or biochemical) of the disease activity should be taken into account and also the influence of dietary lipid intake by patients in relation to n-3 or n-6 EFA supplementation.
Sommario Da diversi anni gli acidi grassi poliinsaturi (PUFAs) e, in particolare, gli acidi grassi essenziali (EFAs), sono stati proposti per il trattamento della Sclerosi Multipla (MS). Vi sono dati contrastanti riguardo gli effetti dei PUFAs delle serie n-3 ed n-6 su differenti aspetti della malattia, quali la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni e la funzione piastrinica. Ciò può essere attribuito ai differenti criteri utilizzati dagli Autori per la selezione dei pazienti. Fino a questo momento gli studi si sono limitati a considerare gli effetti della supplementazione di PUFAs solo su alcuni aspetti clinici della MS. Dovrebbero essere invece considerati indicatori più sensibili dell'attività della malattia, come quelli immunologici e quelli biochimici, valutando gli effetti della supplementazione con EFAs delle serie n-3 o n-6 su questi indicatori, oltreché sull'andamento clinico della patologia.
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7.
Sommario. Il medico che decide di somministrare una terapia trombolitica ad un paziente con ictus acuto non deve solo considerare i risultati dei trial randomizzati e controllati, cosa peraltro già di per sé complessa, ma si trova anche a dover affrontare una serie di problematiche legate al consenso e alle norme deontologiche e legislative, che non sempre si adattano facilmente alle situazioni di emergenza e ai problemi causati dall'ictus in fase acuta. Mentre l'analisi degli studi sulla trombolisi nella letteratura medica di questi ultimi anni è stata ampia, se non ridondante, il secondo aspetto, quello di come affrontare il problema del consenso, non è mai stato trattato in maniera adeguata. Il problema del consenso è particolarmente importante e delicato in Italia e in gran parte dei Paesi dell'Unione Europea, dove la terapia trombolitica può essere utilizzata soltanto off label, cioè al di fuori dell'autorizzazione dello Stato, o in ambito sperimentale. Questo documento si propone pertanto di fornire a tutti coloro che trattano il malato con ictus in fase acuta degli stumenti di riflessione che faccciano da ponte fra la generica indicazione della terapia trombolitica, derivante dall'esperienza degli studi clinici, e la sua effettiva utilizzazione. Received: 7 August 2001 / Accepted in revised form: 16 October 2001  相似文献   

8.
The frequency of blood-retina barrier (BRB) and blood-brain barrier (BBB) alterations was studied in 20 cases of Multiple Sclerosis (MS) (12 relapsing and 8 chronic-progressive). BBB impairment was found in 7 out of 20 patients (35%), 3 of whom had the chronic-progressive form of the disease. Alterations to BRB were found in 9 out 20 cases (45%): 2 out 12 (17%) of the relapsing cases and 7 out 8 of the chronic-progressive cases (87.5%). BBB impairment was found in 3 of the 9 cases (33%) with BRB alterations. Our findings indicate that BRB and BBB alterations do not occur simultaneously. We propose that the higher frequency of BRB alterations in chronic-progressive MS may be a sign of persistent antigenic stimulation.
Sommario è stata studiata l'incidenza di alterazioni della barriera emato-retinica e emato-encefalica in 20 casi di Sclerosi a placche (12 recidivanti e 8 cronico-progressivi). è stato dimostrato un danno della barriera ematoencefalica nel 35% dei casi di cui 3 appartenevano alla forma cronico-progressiva. Il 45% dei casi, di cui il 17% recidivanti e l'87.5% cronico-progressivi, presentavano alterazioni della barriera emato-retinica. Il 33% dei casi con alterazioni della barriera emato-retinica avevano alterazioni della barriera emato-encefalica. I nostri risultati dimostrano che le alterazioni della barriera emato-retinica non sono simultanei a danni della barriera ematoencefalica. è ipotizzato che la maggiore incidenza di alterazioni della barriera emato-retinica nella S.P. cronico-progressiva può essere un segno di persistente stimolazione antigenica.
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9.
The study covers 30 patients with idiopathic Parkinson disease, 13 men and 17 women, aged betwen 50 and 70, on stabilized L-Dopa and/or bromocriptine, which failed to ensure adequate control of the symptoms, especially tremor. To this regimen was added Bornaprine/placebo in randomized sequence. The patients were tested according to the Webster Rating Scale before, during and after each stage of the treatment. Statistical analysis of the results showed the superiority of Bornaprine over the placebo in reducing tremor (p<0.01) and, to a lesser degree, some other parkinsonian symptoms. No noteworthy side effects were found apart from dryness of the mouth, which was more frequent with Bornaprine.
Sommario Sono stati esaminati 30 pazienti affetti da morbo di Parkinson idiopatico, di cui 13 maschi e 17 femmine, di età compresa tra 50 edi i 70 anni, in terapia stabilizzata con L-Dopa o con Bromocriptina o con entrambe. In tutti i soggetti, questi farmaci non consentivano un adeguato controllo della sintomatologia, con particolare riferimento al tremore. Lasciando invariata la terapia in atto, si è somministrato Bornaprine od und placebo identico, secondo una sequenza randomizzata, in doppio cieco con cross-over. I pazienti sono stati esaminati per mezzo della Webster Rating Scale a tempi predeterminati, prima, durante e dopo ciascuna fase del trattamento con farmaco o con placebo. L'analisi statistica dei risultati ha dimostrato la significativa superiorità del Bornaprine rispetto al placebo nel ridurre il tremore (p<0.01) e, in minor misura, alcuni altri sintomi della serie parkinsoniana. Non si sono rilevati effetti collaterali di rilievo, sia dal punto di vista clinico sia da quello strumentale. L'unica eccezione è rappresentata dalla maggiore incidenza di xerostomia nel corso del trattamento con farmaco attivo rispetto a quello con placebo.
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10.
We compared two groups of patients with idiopathic epilepsy, 41 patients whose seizure frequency was not controlled by adequate therapy and 39 patients in good seizure control, in respect of hematology, kidney and liver function tests, serum IgG, IgA and IgM concentrations and drug concentrations. The only difference that emerged were in the serum immunoglobulins, which were raised in the drug refractory group, significantly (p<0.01) so in the case of IgG. Failure of seizure control did not depend on inadequacy of drug dose or of blood concentration. Although the serum Ig changes do not warrant the assumption of an immunological origin for drug resistance, they do suggest a useful research line.
Sommario La determinazione delle concentrazioni ematiche di farmaci antiepilettici ha permesso di ottenere il controllo delle crisi nella maggior parte dei pazienti. Ciò nonostante, nel 30% dei pazienti non si hanno risultati soddisfacenti. Sono state perciò studiate le possibili alterazioni biochimiche o farmacologiche che potrebbero essere alla base della mancata risposta alla terapia. Sono stati confrontati due gruppi di pazienti affetti da epilessia idiopatica: in 41 la frequenza delle crisi in tre anni non era cambiata nonostante una terapia adeguata (pazienti resistenti) mentre in 39 pazienti si aveva un buon controllo delle crisi. Sono stati eseguiti i seguenti esami: ematologici, tests di funzionalità epatica e renale, concentrazione serica della IgG, IgA e IgM. La concentrazione ematica dei farmaci è stata determinata con una tecnica immunochimica (EMIT). Nel caso di pazienti in cura con Carbamazepina, la valutazione dei livelli di farmaco libero e totale nel siero, è stata eseguita in cromatografia liquida. determinando anche la concentrazione della Carbamazepina 10, 11 epossido. è stato notato che, per la maggior parte dei farmaci, non c'è differenza nella % di pazienti in range terapeutico tra i pazienti resistenti e i controlli: i livelli plasmatici di Fenobarbital sono maggiori del range terapeutico nel 25% dei resistenti e nel 15% dei controlli; i livelli plasmatici di Difenilidantoina sono nel range terapeutico nell' 16.7% dei resistenti e nel 50% dei controlli. La concentrazione delle immunoglobuline seriche è più alta nei pazienti resistenti e, in particolare, l'aumento delle IgG risulta statisticamente significativo (p<0.01). La mancata riduzione delle crisi nei nostri pazienti non è dovuta ad un inadeguato approccio terapeutico o ad una inadeguata concentrazione ematica dei farmaci; tuttavia l'alterazione osservata nella concentrazione serica delle IgG nei pazienti resistenti non è sufficiente per sostenere la causa della resistenza al farmaco su base immunologica.
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11.
The Doppler ultrasound technique is a useful tool for the screening and follow-up of patients with extracranial atheromatous lesions of the carotid tree. Doppler examination was perfomed on 654 patients and compared with angiographic visualization of a total, of 261 carotid arteries in 171 patients. The Doppler diagnostic criteria and their reliability are reported and discussed. This technique is not alternative but complementary to angiography.
Sommario L'ultrasonografia Doppler è una tecnica utile per il dépistage e la sorveglianza delle lesioni ostruttive della carotide interna extracranica. Nel nostro Istituto nel periodo ottobre 1978-luglio 1980 sono stati sottoposti ad esame Doppler carotideo 654 pazienti. In 171 di questi esiste un confronto arteriografico, per un totale di 261 carotidi. Vengono riferiti i criteri che permettono la diagnosi al Doppler e i risultati ottenuti rapportando la positività Doppler con quella arteriografica. Vengono poi sottolineati i limiti di questa tecnica che non può essere posta in competizione, bensì a complemento dell'esame arteriografico.
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12.
It is currently believed that Parkinson disease (PD) is due to a degenerative process that independently damages multiple areas of the central and peripheral nervous system. Loss of nigrostriatal dopamine is now widely recognized as being directly related to the motor symptoms in Parkinson's disease. Parkinsonian patients also exhibit symptoms and signs suggestive of hypothalamic dysfunction (e.g. dysautonomia, impaired heat tolerance). The latter clinical features are supported by pathological, biochemical and endocrinological findings. Lewy body formation has been demonstrated in every nucleus of the hypothalamus, specifically the tuberomamillary and posterior hypothalamic. Preferential involvement of the hypothalamus was also noted in patients after post-encephalitic parkinsonism. Loss of dopamine (30–40%) in the hypothalamus of affected patients has been shown in recent studies, and is compatible with the reported abnormalities of growth hormone release in response to L-dopa administration, elevated plasma levels of MSH, and reduced CSF levels of somatostatin and beta-endorphins in these patients. Deranged immunological mechanisms have been found in PD patients including the presence of autoantibodies against sympathetic ganglia neurons, adrenal medulla and caudate nucleus. On the evidence of on pathological studies demonstrating the early vulnerability of the hypothalamus in aging and PD, and the known role of the hypoth lamus in immune modulation, we expect that it will be shown that primary damage ot the hypothalamus leads to subsequent secondary degeneration of structures receiving direct projections from the hypothalamus. Within this framework, the dopaminergic systems may be damaged, since striatal dopamine synthesis and receptor sensitivity have been shown to be regulated by ACTH and alpha-MSH through direct arcuate nucleus-striatal projections. We also demonstrate that virtually all other areas well known to be impacted upon in Parkinson disease receive significant hypothalamic peptidergic projections.
Sommario Si ritiene correntemente che la malattia di Parkinson (P.D.) sia dovuta ad un processo degenerativo che danneggia numerose zone del sistema nervoso centrale e di quello periferico. Si sa che la carenza di dopomine nigrostriale è certamente correlata ai disturbi motori in questa malattia. Ma i parkinsoniani hanno anche sintomi e segni suggestivi per un interessamento ipotalamico (disautonomia e ridotta tolleranza al calore). Questi aspetti clinici sono dovuti a fattori patologici sia biochimici che endocrinologici. è stata dimostrata la formazione di corpi Lewy in ogni nucleo dell'ipotolamo specialmente in quelli tubero mamillare e posteriori e un interessamento preferenziale, dell'ipotolamo è stato segnalato in pazienti affetti da parkinsonismo postencefalitico. Una perdita di dopamina del 30/40% nell'ipotalamo è stata vista in recenti ricerche ed è compatibile con la anormalità di formazione dell'ormone della crescita in risposta all'L-dopa e livelli ridotti di somatostatina e di beta-endorfina nel liquor. Meccanismi di sregolazione immunologica sono stati trovati in pazienti parkinsoniani quale la presenza di autoanticorpi contro neuroni dei gangli simpatici e del nucleo candato. Poiché sappiamo che vi è una precoce vulnerabilità dell'ipotalamo nella vecchiaia e nel morbo di Parkinson e conosciamo il ruolo delliipotalamo nell'immunamodulazione ci attendiamo che un danno primitivo dell'ipotalamo posti a una secondaria degenerazione delle strutture che ricevono una diretta proiezione dell'ipotalamo. All'interno di questa struttura i sistemi dopasinergici possono essere danneggiati del momento che la sintesi di dopamina e la sensibilità dei recettori sono regolata dall'ACTH e dell'ormone stimolante le alpha-melanoiti attraverso la proiezione arcate nucleostristriatali. Noi dimostriamo inoltre che virtualmente tutte le altre aree interessate nel morbo di Parkinson ricevono importanti proiezioni ipotalamiche peptidergiche.
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13.
We report the case of pineal germinoma in a 25 year old man. The neurological signs and symptoms were insidious in onset; Parinaud syndrome allowed a topical diagnosis, confirmed by CT scan. Computerized Tomography and CSF cytological examination were of the utmost importance to diagnosis and treatment and it confirmed the success of radiotherapy.
Sommario Viene riportato un caso di un giovane paziente affetto da germinoma della pineale. La TAC si rivelò di enorme importanza nel definire la sede anatomica della lesione. L'esame citologico liquorale permise di definire la natura della lesione e diede così la possibilità di stabilire un corretto approccio terapeutico e di confermare il successo del trattamento radioterapico.
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14.
Little is known about oncogenesis in brain tumors. Viruses are thought to be involved in some neurological diseases, the presence of subfractions of viral DNA has been reportedin various circumstances and the oncogenicity of some viruses has been demonstrated in animal experiments. The discovery of homologies between retroviral ancogenes and normal cellular genes (proto-oncogenes) has stimulated once again the search for viral responsability in oncogenesis. Having a large bank of tumor material available, we systematically examined 39 brain tumors usign Southern blot hybridization with DNAs of three viruses, known to be involved in neurological diseases: herpes simplex virus (HSV), simian virus 40 (SV40) and adenovirus type 2 (Ad 2). We detected no homology between the DNAs of the examined material and the viral DNA probes. We compare these negative results with those of other published studies and discuss the experimental conditions, with special reference to the possibility of non-specific hybridization, which could account for the positive results reported. The present negative results could be interpreted either as absence of involvement of the three investigated viruse in brain tumor oncogenesis, or an indirect involvement through a hit-and-run mechanism or a highly dispersed state of the viral sequences among the host genome, which would prevent hybridization with the probe, as it has been supposed to be the case during the latency phase of herpes virus.
Sommario Poco si sa su oncogenesi dei tumori cerebrali. Si pensa che i virus siano coinvolti in alcune malattie neurologiche e la presenza di sottofrazioni di DNA virale è stata riportata in varie cirkostanze e l'oncogenicità di alcuni virus è stata dimostrata in animali da esperimento. Inoltre la scoperta di omologia tra gli oncogeni retrovirali e i normali geni cellulari ha stimolato la ricerca sulla responsabilità virale dell'oncogenesi. Gli Autori hanno sistematicamente esaminato 39 tumori cerebrali usando la ibridizzazione con DNA di 3 virus coinvolti in malattie neurologiche: quello dell'herpes simplex (HSV), il virus 40 (SV40) e l'adenovirus tipo 2 (Ad2). Non si è trovata omologia tra i DNA del materiale esaminato e il DNA virale. Sono stati allora comparati questi risultati negativi con quelli positivi di altri Autori riferendosi soprattutto alla possibilità di una ibridizzazione non specifica che può giustificare i risultati positivi riportati. Questa ricerca negativa può essere interpretata sia come un'assenza di coinvolgimento dei tre virus investigati nella oncogenesi dei tumori cerebrali, sia come espressione di una disposizione delle sequenze virali nel genoma ospite con conseguente prevenzione della ibridizzazione, come è stato supposto avvenga durante le fasi di latenza del virus herpetico.
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15.
Serum and cerebrospinal fluid (CSF) from patients with multiple sclerosis (MS), patients with other (non-inflammatory) neurological diseases (OND), patients with non-inflammatory non-neurological diseases, and normal controls were assayed for lymphocyte activiting factor (LAF) activity by thymocyte costimulation. LAF activity was detected in normal control sera, which did not differ significantly in this respect from MS or OND patient sera. Not were there significant differences by stage of MS (chronic progressive MS, MS in relapse and MS in remission) or between MS patients and the non-inflammatory non-neurological controls. Almost all the CFSs assayed presented lower values than did the corresponding sera. Serum and CSF after fractionation showed no significant increase in LAF activity except in the 2 MS patients in remission. From these data it may be assumed that LAF activity does not necessarily correspond to the clinical phase of MS. The possible role of LAF activity as a marker of MS progression has yet to be determined.
Sommario La capacità di co-stimolare la proliferazione timocitaria (attività LAF) è stata valutata nel siero e nel liquor di pazienti con sclerosi a placche e con altre malattie neurologiche non infiammatorie. La valutazione è stata anche fatta in pazienti senza malattie neurologiche né infiammatorie, considerati come controlli ed in soggetti normali. I sieri di questi ultimi presentavano un certo grado di attività LAF e non è stata trovata alcuna differenza significativa tra questo gruppo e tra i sieri dei pazienti con sclerosi a placche e quelli dei pazienti con altre malattie neurologiche. Inoltre, non vi era alcuna differenza significativa tra i sieri dei pazienti con sclerosi a placche in vari stadi della malattia. Anche nei campioni di liquor non è stata trovata alcuna differenza significativa e comunque quasi tutti i liquor esaminati presentavano una minore attività LAF dei rispettivi sieri. L'attività LAF dopo frazionamento non aumentava significativamente ad eccezione dei due sieri di pazienti con sclerosi a placche in remissione. Alla luce di questi dati si può concludere che l'attività LAF non è correlata necessariamente alla fase clinica della sclerosi a placche.
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16.
The present review was designed to integrate both experimental and clinical data and to focus on the problems of management of severe cases of acute organophosphate poisoning, which always show CNS involvement. AChE activity, in discrete regions of the human brain, was studied by quantitative histochemistry of 40 μ thick sections. The regional effects of AchE inhibition by organophosphates was examined in a comparative study of the brains of two victims and two control brains, matched for age and sex. The pattern of AChE inhibition was regionally selective. The most significant decreases were observed in the neocerebellum, thalamic nuclei and the cortex. This specific distribution of AChE inhibition may be correlated with some of the clinical characteristics of acute organophosphate poisoning. The diagnostic value of blood AChE levels was examined in a personal series of 53 patients, who needed artificial ventilation, intensive care monitoring and antidotal treatment. The effects and side-effects of the antidotal treatment were reassessed. Recommended regimen of therapy was outlined, based upon experience in this series and in recent animal studies. The logical therapy would be and almost always in the co-administration of an anticholinergic drug (usually atropine) and an AChE reactivator (oximes) in order to rapidly obtain the most beneficial effect in the critically ill patient. Seizures that do not respond to the specific antidotal therapy, should be treated with I.V. benzodiazepines. Artificial respiration and supportive measures are essential for patient' survival. They enable the patient to gain the necessary time for sufficient recovery of AChE activity.
Sommario Questa relazione si propone di correlare i dati clinici e sperimentali e i problemi di comportamento nei casi di avvelenamento acuto da organofosfati nei quali vi è sempre coinvolgimento del sistema nervoso centrale. L'attività dell'acetilcolinesterasi (AChE) è stata studiata in diverse regioni cerebrali con metodiche di istochimica quantitativa. Gli effetti regionali della inibizione della AChE da parte degli organofosfati sono stati comparati sui cervelli di 2 vittime e di 2 controlli paragonabili per sesso e per età e si è visto che il danno è regionalmente selettivo. Il maggior difetto è stato constatato nel neocervelletto, nei nuclei talamici e nella corteccia. Questa distribuzione così specifica nella inibizione di AChE può essere correlata con alcune caratteristiche cliniche dell'avvelenamento da organofosfati. Il dato diagnostico dei livelli ematici di AChE è stato esaminato in una serie di 53 pazienti che hanno avuto necessità di ventilazione artificiale, di cure intensive e di trattamento con antidoti. Gli effetti e i controeffetti del trattamento sono stati riconsiderati ed è stato elaborato e raccomandato uno schema di terapia ricavato da questa esperienza e da recenti ricerche eseguite su animali. La terapia più logica vuole sempre l'associazione di un farmaco anticolinergico (solitamente l'atropina) e di reattivatori dell'AChE, gli ozimi, per poter ottenere rapidamente effetti benefici. Le crisi convulsive, poi, che non rispondono al trattamento di base, devono essere sedate colle benzodiazepine. La respirazione artificiale è essenziale per la sopravvivenza del malato e va unita ad altre terapie di supporto capaci di guadagnare il tempo necessario per la ripresa dell'attività della AChE.
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17.
The clinical classification of autosomal dominant cerebellar ataxias (ADCAs) is intricate due to the variable and unpredictable association of signs and symptoms of central nervous system (CNS) and peripheral nervous system (PNS) deterioration during the life of a patient. However, for many purposes, particularly patient management, clinical systematics is the most useful method for labelling patients; in some instances there is no basis for any more fundamental classification of phenotypes. On the other hand, recent molecular-genetic approaches to dominant ataxias have had a profound impact in nosology, diagnostic procedures and the management of patients, since they are based on the fact that all mendelian neurological diseases can be precisely classified according to the locus involved as well as the particular mutant allele at that locus. Therefore, a clinical and genetic classification of dominant ataxias is herewith proposed as the best nosographical choice. Clinical, neuropathological, genetic, and pathogenetic aspects of ADCAs are reviewed and discussed to help the clinical neurologist guide diagnostic procedures and manage ataxic patients.
Sommario La classificazione clinica delle atassie cerebellari dominanti autosomiche (ADCA) è intrinsecamente complessa poiché i segni e i sintomi di sofferenza del sistema nervoso centrale e periferico si associano in modo variabile e spesso imprevedibile durante la vita dei pazienti affetti da diverse forme dominanti di atassia. Tuttavia, in assenza di criteri più stringenti per una precisa nosografia, una distinzione semiologica basata sui principali segni clinici è il metodo più utile per un primo inquadramento diagnostico dei malati. Le informazioni di genetica molecolare ottenute recentemente nelle atassie dominanti hanno modificato questa pur utile nosografia, perché portano il contributo di un dato biologico fondamentale consistente nel fatto the ogni malattia ereditaria può essere precisamente classificata sulla base sia del locus genetico coinvolto sia della mutazione eziologicamente responsabile. Sulla base di queste semplici considerazioni si propone una classificazione clinica e genetica delle atassie dominanti. I principali aspetti clinici, neuropatologici, genetici, sono presentati insieme ad una discussione sugli aspetti patogenetici delle ADCA per fornire al neurologo clinico una guida razionale e aggiornata ally diagnosi e alla gestione dei pazienti con atassia.
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18.
The presence of a dense appearance of the horizontal part of the middle cerebral artery (the “dense middle cerebral artery sign”) was looked for on CT scans taken on admission in 90 consecutive patients with ischemic stroke in the carotid artery distribution. The outcome of the 14 patients with the sign was poorer than that of 76 patients without the sign (Odds ratio 4.3). We suggest that this sign could be a useful prognostic variable in the acute phase of an ischemic stroke.
Sommario è state ricercata retrospettivamente la presenza della immagine iperdensa del tratto orizzontale della cerebrale media (“dense middle cerebral artery sign”) negli esami TAC eseguiti in 90 pazienti consecutivi con sintomatologia riferibile ad ischemia acuta nel territorio del circolo carotideo. L'evoluzione clinica dei 14 pazienti in cui il segno della cerebrale media iperdensa è stato rilevato è stata peggiore degli altri 76 (Odds ratio 4.3). Gli autori suggeriscono che il rilievo di questo segno può rappresentare una utile indicazione prognostica precoce nei casi di ischemia cerebrale acuta.
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19.
We report 8 cases of clinical idiopathic Parkinson disease in one kindred. None of the patients presented anomalous symptoms and all responded normally to routine L-Dopa therapy. On the basis of these findings we analyse the possible etiological role of heredity in Parkinson disease.
Sommario Si riportano 8 casi di morbo di Parkinson clinicamente idiopatico in una famiglia. Non vi erano caratteristiche anomale per ciò che concerne la sintomatologia e la risposta alla comune terapia con L-Dopa. Sulla bse di questi reperti gli autori analizzano la possibile componente eziologica dell'eredità nel morbo di Parkinson.
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20.
A single blind placebo-controlled study has been performed in order to investigate objectively the acute tremorolytic effect of oral L-Dopa in ten parkinsonians chronically treated with L-Dopa. Finger tremor was assessed by means of a computerized accelerometer method, at rest and during maintenance of a fixed posture. Both resting and postural tremor were significantly influenced by L-Dopa. An “acute test” with oral L-Dopa, especially when different tremor components are investigated, may be useful for identifying objectively parkinsonians whose tremor does not respond to drug therapy or shows a deterioration of drug-responsiveness.
Sommario Uno studio controllato con placebo è stato condotto su 10 pazienti affetti da morbo di Parkinson idiopatico, in trattamento cronico con L-Dopa, allo scopo di valutare in modo obiettivo l'effetto tremorolitico della L-Dopa. Il tremore è stato valutato alle mani mediante una metodica di accelerometria computerizzata, sia in condizioni di riposo che di postura. In entrambe le condizioni l'effetto tremorolitico della L-Dopa si è rivelato significativo. Un “test acuto” con L-Dopa orale, in particolare con l'esplorazione di componenti diverse del tremore, può risultare utile per una valutazione obiettiva di casi di Parkinson che non rispondano alla terapia farmacologica o che manifestino un deterioramento della risposta alla L-Dopa.
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